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L’Adunanza Plenaria sul riconoscimento dei titoli formativi conseguiti all'estero

Riconoscimento del Titolo di Studio all'Estero【la Guida】

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 21 del 29 dicembre 2022, è intervenuta in materia di materia di riconoscimento per gli insegnanti dei titoli di formazione conseguiti all’estero, chiarendo che spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE.

Il Ministero competente, in particolare, deve esaminare le istanze di riconoscimento del titolo formativo conseguito all’estero, tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite, e verificando che «la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno». Valuterà dunque l’equipollenza dell’attestato di formazione, disponendo opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE. Del resto, anche laddove non si voglia riconoscere la piena o la diretta applicabilità della Direttiva 2005/36/CE, persiste l’obbligo per le autorità italiane, come sostiene la stessa Commissione, di valutare le domande pertinenti ai sensi delle disposizioni più generali del TFUE in vista di un eventuale riconoscimento della formazione seguita, per quanto in assenza delle garanzie e dei requisiti di cui alla Direttiva 2005/36/CE.

Rileva, al riguardo, il principio già enunciato dalla giurisprudenza amministrativa, per il quale l’autorità italiana deve comunque applicare la Direttiva europea ispirata alla parità di trattamento dei cittadini dell’Unione europea (Cons. Stato, sez. VII, 16 marzo 2022, n. 1850). Rileva infatti il principio enunciato dalla Corte di Giustizia, per il quale «spetta all’autorità competente verificare, conformemente ai principi sanciti dalla Corte nelle […] sentenze Vlassopoulou e Fernandez de Bobadilla, se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro Stato membro e le qualifiche o l’esperienza professionale ottenute in quest’ultimo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività di cui trattasi» (cfr. C.G.U.E., 13 novembre 2003, in causa C-313/01). 

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