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Società di capitali e qualificazione come "organismo di diritto pubblico"

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La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VII, 21.10.2022, n.8975/2022 ha affrontato la questione relativa alle condizioni per attribuire la natura di "organismo di diritto pubblico" ad una società di capitali.

La vicenda muove dall'impugnazione, da parte dell'operatore economico interessato, della revoca della delibera con cui si disponeva la vendita di un ramo d’azienda comprensivo di alcuni impianti di risalita in un comprensorio sciistico. 

La giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia UE, Sez. IV, 5 ottobre 2017, n. 567), dopo aver premesso che per poter qualificare un organismo come “organismo di diritto pubblico” è necessario che esso soddisfi esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, ha sottolineato che “la valutazione di detto carattere deve essere operata tenendo conto di tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti, quali le circostanze che hanno presieduto alla creazione dell’organismo considerato e le condizioni in cui quest’ultimo esercita le attività volte a soddisfare esigenze di interesse generale, ivi compresa, in particolare, la mancanza di concorrenza sul mercato, la mancanza del perseguimento di uno scopo di lucro, la mancanza di assunzione dei rischi collegati a tale attività nonché il finanziamento pubblico eventuale delle attività di cui trattasi”. I giudici comunitari aggiungono, richiamando propri precedenti in argomento, che se l’organismo di cui si tratta opera in condizioni normali di mercato, persegue uno scopo di lucro e subisce le perdite collegate all’esercizio di dette attività, è poco probabile che le esigenze che esso mira a soddisfare siano di natura diversa da quella industriale o commerciale: tuttavia, l’esistenza di una concorrenza articolata non consente, di per sé, di concludere per la mancanza di un’esigenza di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale. È decisivo, secondo la Corte, verificare (oltre al fatto che le attività dell’ente dirette al soddisfacimento delle esigenze di interesse generale siano effettuate in situazione di concorrenza) se il predetto ente si lasci guidare da considerazioni diverse da quelle economiche (per una ricognizione dell’evoluzione della giurisprudenza comunitaria sulla rilevanza da attribuire al fatto che l’organismo di cui si discute operi in un mercato aperto alla concorrenza, cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2017, n. 108).

Dal canto suo, in merito al c.d. requisito teleologico la giurisprudenza di legittimità ha affermato che per definire la natura di organismo di diritto pubblico di un soggetto, alla luce dei criteri enucleati al D.L.vo 18 aprile 2016, n. 50, art. 3, lett. d), occorrerà avere riguardo, in primo luogo, al tipo di attività svolta dalla società e all’accertamento che tale attività sia rivolta alla realizzazione di un interesse generale, ovvero che sia necessaria affinché la pubblica amministrazione possa soddisfare le esigenze di interesse generale alle quali è chiamata e, in secondo luogo, che tale società si lasci guidare da considerazioni diverse da quelle economiche (si veda, la già citata Corte di Giustizia 5 ottobre 2017, in C-567/15; nonché, con riferimento al criterio di economicità, Cass. 8225/2010). In particolare, in merito a quest’ultimo profilo, è necessario, in primo luogo, che la società non fondi la propria attività principale su criteri di rendimento, efficacia e redditività e che non assuma su di sé i rischi collegati allo svolgimento di tale attività i quali devono ricadere sull’amministrazione controllante (Cass. 8225/2010). In secondo luogo, il servizio d’interesse generale che ne costituisce l’oggetto non può essere rifiutato per ragioni di convenienza economica (così Cass. civ., sez. un., 28 marzo 2019, n. 8673). Il predetto requisito non sussiste quando il soggetto svolge l’attività secondo “criteri di economicità” (Cass. civ., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8051). A tali insegnamenti ha aderito anche la giurisprudenza amministrativa, la quale però si è divisa sulla preminenza da assegnare, nell’individuazione del cd. requisito teleologico, all’interesse di carattere generale per il cui soddisfacimento è stato costituito l’organismo, ovvero alle modalità con cui detto bisogno viene perseguito. L’indirizzo più recente, infatti, dà preminenza alle modalità di svolgimento dell’attività, escludendo che l’ente possa qualificarsi come organismo di diritto pubblico laddove lo stesso operi in un mercato concorrenziale, competendo con altri operatori, verso i quali la domanda degli utenti può indirizzarsi, e potendo la gestione essere svolta in condizioni di equilibrio economico (Cons. Stato, sez. V, 12 dicembre 2018, n. 7031; Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2018, n. 6534).

Un orientamento più risalente ritiene, invece, che ai fini della qualificazione dell’ente come “organismo istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, debba privilegiarsi non tanto il carattere dell’attività svolta, quanto le esigenze che la medesima è preordinata a soddisfare (Cons. Stato, sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4934; Cons. Stato, sez. VI, 19 maggio 2008, n. 2280). Da ultimo, la giurisprudenza ha precisato che, ove ci si trovi in presenza di un ente, il cui ambito di attività comprende sia attività volte a perseguire interessi di carattere industriale o commerciale, sia attività volte a perseguire interessi privi di tale carattere, la sua configurabilità quale organismo di diritto pubblico non impone il previo esperimento di una sorta di giudizio di prevalenza: infatti, può accadere che l’ente debba qualificarsi come organismo di diritto pubblico pure se la soddisfazione di bisogni di interesse generale costituisce solo una parte relativamente poco rilevante delle attività da esso effettivamente svolte (in tal senso: Corte di Giustizia UE, 15 gennaio 1998, in causa C-44/96, “Mannesmann”); al riguardo, il giudice comunitario ha chiarito che la qualità di organismo di diritto pubblico non dipende in alcun modo dall’importanza relativa che, nell’attività dell’organismo stesso, è rivestita dal soddisfacimento di bisogni di interesse generale di carattere non industriale o commerciale, risultando piuttosto sufficiente a tal fine che il perseguimento di detta tipologia di bisogno rientri fra i compiti istituzionale dell’organismo di cui si discute, anche senza carattere di preminenza (Corte di Giustizia UE, 10 novembre 1998 in causa C-360/96, “Gemeente Arnhem, Gemeente Rheden vs. BFI Holding BV”).

Nel caso deciso, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la società di capitali svolga attività imprenditoriali e in particolare quella di realizzazione e gestione di piste da sci e impianti di risalita, secondo criteri di redditività e di profitto, come emerge anche dallo statuto. Questo, infatti, presuppone che l’attività sociale sia produttiva di utili e ne ammette la distribuzione agli azionisti in forma di dividendi, nella logica tipica delle società di capitali con fini di lucro. Che, poi, di fatto l’attività della società si sia svolta in perdita, non rileva, poiché la gestione in perdita non è in sé indicativa di un’operatività in un contesto non concorrenziale, essendo notorio che molti possono essere i fattori che determinano risultati economici negativi, anche per imprenditori privati (C.d.S., Sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5930). 

In concreto, difettano due degli elementi essenziali per poter considerare sussistente il cd. requisito teleologico ai fini dell'attribuzione della natura di "organismo di diritto pubblico" e cioè: 1) che la società, nello svolgimento della propria attività, si sia lasciata guidare da considerazioni diverse da quelle economiche; 2) che il servizio da essa svolto non potesse essere rifiutato per ragioni di convenienza economica. Le vicende occorse alla società e culminate dapprima nelle perdite di gestione, e poi nella messa in liquidazione e nella vendita del compendio aziendale, dimostrano il contrario.

Il Consiglio di Stato, nel caso esaminato, ha escluso la natura di organismo di diritto pubblico della società di capitali.

 

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