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Il principio della fiducia e la verifica di anomalia dell'offerta

Riforma Codice dei contratti: il principio del risultato - LavoriPubblici

L’interesse pubblico a cui è funzionalizzato il servizio oggetto di affidamento impone la verifica di anomalia dell'offerta, laddove un’impresa partecipante alla procedura abbia presentato un’offerta anormalmente bassa: lo ha stabilito il T.A.R. Catania con la sentenza n. 2096/2024.

Tale impostazione, del resto, risulta altresì coerente con la ratio che pervade il nuovo impianto codicistico adottato in materia di contratti pubblici con il d.lgs. n. 36/2023, il quale erge, tra i suoi capisaldi, il c.d. principio della fiducia, introdotto dall’art. 2 con il preciso fine di valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni oggetto di gara.

Tale principio-guida, pur ampliando i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile, pone in capo alla stazione appaltante la responsabilità di svolgere le gare tenendo sempre presente, a prescindere dalla regolarità formale, che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica, o ad acquisire forniture o, come nel caso di specie, ad affidare dei servizi, nel modo più rispondente agli interessi della collettività.

Il principio della fiducia non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che non soddisfino l’interesse pubblico sotteso ad una gara.

Proprio il perseguimento di tale interesse pubblico costituisce il “risultato” che l’appalto deve raggiungere, rappresentando, come previsto dall’art. 1 del predetto d.lgs. 36/2023, il “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale”.

Il principio del risultato, in base al quale la tutela della concorrenza e del mercato non è assoluta e non può recare pregiudizio al raggiungimento di obiettivi pubblici, è stato reso esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici e costituisce un principio “già immanente nel sistema” (Cons. Stato, sez. III, 15 novembre 2023, n. 9812), suscettibile di trovare piena applicazione anche con riguardo alle procedure di gara anteriori all’entrata in vigore del d.lgs. 36 del 2023.

Esso implica che il risultato che l’amministrazione deve perseguire debba essere “virtuoso”, risultando tale quello che possa portare a diminuire i costi di un servizio assicurando allo stesso tempo l’accrescimento della qualità e della produttività.

Se è vero che, nell’impostazione del nuovo Codice dei contratti pubblici l’amministrazione è chiamata a compiere la scelta più “virtuosa”, assicurando il “miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, non può ritenersi che tale “miglior rapporto” sia stato raggiunto nella gara oggetto della sentenza in esame, ove la stazione appaltante, addivenendo alla propria decisione di aggiudicare l’appalto in favore della società controinteressata, ha disatteso, irragionevolmente, ogni potenziale verifica in ordine ai presidi di qualità ed efficienza del servizio integrato che quest’ultima è chiamata a svolgere, finendo per tradire la funzionalizzazione verso il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico cui essa deve tendere (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 7 febbraio 2024, n. 478).

Nel caso di specie, l’ampliamento dei poteri valutativi in capo alla Stazione appaltante non può implicare, ad avviso del T.A.R., che la stessa possa compiere scelte manifestamente illogiche o irragionevoli, ove quest’ultime, come si ritiene sia accaduto nella gara in oggetto, determino il rischio di non ottenere il miglior risultato possibile, e, quindi, di ledere l’interesse pubblico sotteso all’indizione di una procedura di affidamento.

Da ciò discende che laddove vi siano evidenze fattuali legate, in particolare, ai costi di trasporto rappresentati in sede di offerta, nonché ai costi della manodopera, l’Amministrazione è tenuta a sottoporre a scrutinio di anomalia l’offerta presentata, risultando manifestamente illogica la scelta operata in sede di gara di non procedere a tale verifica.

Il calcolo errato della soglia di anomalia delle offerte e l'invarianza ex art.108 del Codice dei contratti pubblici

Le offerte anomale nel Codice Appalti 2023 - LavoriPubblici

La quinta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5319 del 13 giugno 2024, ha esaminato i presupposti per l'applicazione del principio di invarianza delle medie, codificato dall'art. 108, comma 12, del D.L.vo n. 36 del 2023 (C.d. "Nuovo codice dei contratti pubblici"). Questo principio tutela sia l'affidamento dei partecipanti sia l'interesse delle amministrazioni, garantendo che le decisioni prese non siano influenzate retroattivamente da eventi successivi. La normativa e la giurisprudenza convergono nel definire chiaramente i limiti temporali e procedimentali entro cui possono essere apportate variazioni significative, assicurando così un quadro normativo stabile e prevedibile per tutte le parti coinvolte.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 5319 del 13 giugno 2024 
I Giudici di Palazzo Spada hanno affermato che il principio di invarianza non trova applicazione in presenza di una censura finalizzata a far rilevare l'errore della stazione appaltante nel calcolo della soglia di anomalia.

In un caso come quello esaminato, in cui la censura della ricorrente in primo grado non è finalizzata ad un ricalcolo della soglia dell’anomalia per effetto dell’esclusione di uno degli offerenti, e quindi della modifica della platea dei concorrenti, ma è volta a contestare lo stesso operato della stazione appaltante nella determinazione della soglia di anomalia, non viene in rilievo l’applicabilità del principio di invarianza (in tal senso Consiglio di Stato, Sez. III, 11 ottobre 2021, n. 6821, secondo cui il perimetro di operatività della norma non si estende fino a ricomprendere anche l’applicazione delle regole di calcolo della soglia di anomalia).

Laddove la causa di possibile esclusione di un concorrente sia emersa quand’ancora non era stata disposta l’aggiudicazione, l’iniziativa del ricorrente deve intendersi legittima, non potendo egli subire preclusioni (e decadenze) processuali che derivano direttamente dalle decisioni assunte dall’amministrazione (sua controparte del giudizio).

Il ricorrente, nel caso concreto, ha contestato lo sviamento di potere che inficia l’azione della stazione appaltante, la quale, consapevole dell’esistenza di una possibile causa di esclusione nei confronti di un concorrente (e, dunque, dell’inesatto calcolo della soglia di anomalia) ha comunque proceduto all’aggiudicazione del contratto.

In conseguenza, è ammissibile la censura dell'operatore economico teso a far rilevare l'errore di calcolo della soglia di anomalia emersa prima che fosse disposta l'aggiudicazione.

La cristallizzazione delle offerte
Secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa (ad esempio, Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 2021 n. 8460), il principio di invarianza delle medie implica la "cristallizzazione delle offerte" e l'"immodificabilità della graduatoria". In altre parole, una volta stabilita la graduatoria delle offerte e determinata la soglia di anomalia, queste rimangono invariate anche in presenza di eventi successivi che riguardino le posizioni dei concorrenti.

Cosa prevede l'art. 108, comma 12 D.L.vo n. 36 del 2023?
Il nuovo Codice dei contratti pubblici ribadisce che le modifiche successive al provvedimento di aggiudicazione sono irrilevanti ai fini del calcolo delle medie e della soglia di anomalia.

L'art. 108, comma 12 stabilisce che "Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente al provvedimento di aggiudicazione, tenendo anche conto dell’eventuale inversione procedimentale, non è rilevante ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte, eventualmente stabilita nei documenti di gara, e non produce conseguenze sui procedimenti relativi agli altri lotti della medesima gara".

In sintesi,  dopo il provvedimento di aggiudicazione, sono irrilevanti tutti i cambiamenti successivi, inclusi quelli derivanti da pronunce giurisdizionali, che non influiscono sul calcolo delle medie nella procedura di gara né sull'individuazione della soglia di anomalia delle offerte. Questo significa che, una volta determinata la soglia di anomalia, non possono essere apportate modifiche che influenzino tali calcoli, garantendo così stabilità e trasparenza.

Il limite temporale per le variazioni alla soglia di anomalia delle offerte
La fase di "ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte", secondo l'art. 95, comma 15, si conclude con il provvedimento di aggiudicazione. Questo rappresenta il termine ultimo entro il quale la stazione appaltante può intervenire in autotutela per apportare variazioni rilevanti per la soglia di anomalia delle offerte (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2020, n. 7332).

La tutela dell'affidamento dei privati e dell'interesse dell'Amministrazione
Il principio di invarianza è finalizzato a tutelare l'affidamento dei partecipanti e a salvaguardare l'interesse delle amministrazioni alla stabilità degli assetti definiti durante la procedura. Questo approccio assicura che le decisioni prese in una fase avanzata della gara non siano retroattivamente alterate da eventi successivi, come l'esclusione di un concorrente. La ratio è quella di evitare alterazioni della trasparenza e della correttezza del confronto concorrenziale, impedendo la retrocessione della procedura di gara fino alla (ri)determinazione della soglia di anomalia delle offerte, anche in caso di esclusione dell'aggiudicatario per carenza dei requisiti di partecipazione.

 

 

 

Continuità nel possesso dei requisiti tecnici

Attestazione SOA - omniaconsulenza.eu

La sentenza TAR Lazio, Sez. IV ter, 15.05.2024 n. 9614 affronta la questione della legittimità dell'esclusione di una società da una gara per la manutenzione degli impianti nelle stazioni ferroviarie, basata sulla mancanza continuativa dei requisiti tecnici (attestazione SOA OS4 V). La società esclusa sostiene di aver posseduto la certificazione necessaria in tutte le fasi richieste, salvo per un breve periodo dopo l'aggiudicazione inizialmente disposta in favore di altra ditta.

Nel caso esaminato, il TAR ha ritenuto che la temporanea mancanza del requisito da parte della ricorrente, durante il ricorso contro l'aggiudicazione disposta in favore della controinteressata, non violi il principio di continuità e rispetti i principi di ragionevolezza e proporzionalità. La riapertura della procedura ha richiesto che la ricorrente fosse in possesso dei requisiti richiesti al momento della ripresa della gara, condizione che è stata soddisfatta.

 

Vengono in rilievo i seguenti principi:

1. Principio di continuità nel possesso dei requisiti di qualificazione
Secondo una consolidata giurisprudenza, il possesso dei requisiti di ammissione alla gara deve sussistere dalla presentazione della domanda di partecipazione e permanere per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica. Questo principio è stato affermato in diverse pronunce del Consiglio di Stato (Ad. pl., 24 aprile 2024, n. 7; 20 luglio 2015, n. 8; 25 febbraio 2014, n. 10). La continuità dei requisiti è essenziale per garantire la trasparenza e la certezza del diritto durante tutte le fasi della gara.

2. Principio di ragionevolezza e proporzionalità
La giurisprudenza ha sottolineato che il principio di continuità deve essere applicato in coerenza con i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Questi principi impongono che una discontinuità temporanea nel possesso dei requisiti non determini automaticamente l’esclusione del partecipante se questa discontinuità non compromette l'affidabilità e la qualificazione del concorrente (Cons. Stato, sez. III, 24 giugno 2021, n. 4844; Cons. Stato, sez. III, 19 dicembre 2023, n. 10994).

3. Differenziazione tra aggiudicatario e impresa non aggiudicataria
Un'altra importante distinzione giurisprudenziale riguarda la posizione dell'aggiudicatario rispetto alle imprese non aggiudicatarie. Quando una gara è stata aggiudicata e il contratto stipulato, il mantenimento dei requisiti di qualificazione si applica solo all'aggiudicatario, mentre per le altre imprese la procedura è da considerarsi conclusa (Cons. Stato, 6 marzo 2017, n. 1050). Questo principio tiene conto della diversa posizione delle imprese che hanno partecipato alla gara ma non sono risultate aggiudicatarie.

Sulla scorta di tali coordinate ermeneutiche, nel caso concreto il TAR ha stabilito che il mancato possesso in capo alla ricorrente della qualificazione SOA, in un ristretto lasso temporale e in pendenza del ricorso avverso l’aggiudicazione in favore della controinteressata, non si ponga in contrasto con il principio di continuità nel possesso dei requisiti e nel contempo garantisca il rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.

In particolare, la pendenza del ricorso giurisdizionale, pur testimoniando l’interesse all’aggiudicazione della ricorrente  non può di per sé comportare, come sostenuto dalle parti avverse, l’obbligo di mantenere nella fase processuale il possesso dei requisiti, la cui ratio è legata alla necessità di assicurare all’Amministrazione l’interlocuzione con operatori in via permanente affidabili, capaci e qualificati.

Il RUP e le valutazioni della commissione di gara

RUP | Responsabile Unico del Procedimento: Definizione e Funzioni

La controversia riguarda un appalto integrato, finanziato con fondi PNRR per la progettazione e realizzazione di una scuola. La ditta prima classificata, ricorrente in primo grado, è stata esclusa dal RUP a causa di presunti errori nella valutazione dell'offerta tecnica da parte della commissione di gara, nonostante l'opposizione di due commissari di gara.

Il TAR Lazio ha accolto il ricorso, affermando che il RUP non può sostituire le proprie valutazioni a quelle della commissione di gara, a meno che non ci siano macroscopici errori di fatto o valutazioni manifestamente irragionevoli. La sentenza ha quindi ordinato alla stazione appaltante di rideterminarsi nel rispetto delle competenze.

La Stazione appaltante ha appellato la sentenza, sostenendo che il RUP avesse esercitato un legittimo controllo e rilevato macroscopici errori. 

Il Consiglio di Stato, sez. V, 17 maggio 2024, sent n. 4435, ha rigettato l'appello, chiarendo che: “a) il RUP può esercitare un controllo di regolarità della procedura; b) dunque non potrebbe giammai sostituire le proprie valutazioni rispetto a quelle della commissione di gara; c) se del caso potrebbe soltanto chiedere chiarimenti e approfondimenti alla stessa commissione; d) è fatto salvo il potere di intervento sostitutivo del RUP soltanto allorché la commissione abbia espresso una valutazione manifestamente illogica o palesemente erronea”.

Con riferimento all'esclusione, è stato evidenziato che il RUP, “pur potendo coltivare diversi dubbi, avrebbe dovuto riservare un simile giudizio alla commissione di gara, sulla base del precedente di questa sezione, non avendo evidenziato profili di manifesta illogicità o di palese erroneità dell'offerta”.

Di qui l'onere del RUP di formulare osservazioni e chiedere chiarimenti alla stessa commissione di gara ma non il potere di escludere direttamente l'impresa. Sarà infatti “poi la commissione di gara a stabilire se certe descrizioni siano sufficienti o meno a valutare compiutamente il progetto e, di conseguenza, se taluni calcoli debbano già essere riservati alla redazione dell'offerta tecnica oppure, come sostenuto dalla difesa di parte appellata, alla progettazione esecutiva che è l'oggetto specifico dell'appalto”.

Precedenti giurisprudenziali:

Cons. Stato, sez. V, 7 dicembre 2023, n. 10629: riconosce il potere del RUP di escludere un concorrente, ma solo dopo aver sollecitato una rivalutazione da parte della commissione e in presenza di elementi di chiaro contrasto con il bando.

Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2023, n. 2512: afferma che il RUP può verificare la regolarità della procedura, ma non sostituire le valutazioni della commissione di gara, salvo errori macroscopici o valutazioni manifestamente irragionevoli.

Cons. Stato, sez. V, 1 febbraio 2022, n. 696: chiarisce l'ampio margine di discrezionalità tecnica della commissione di gara e l'insindacabilità delle sue valutazioni e punteggi, salvo errori macroscopici o manifesta irragionevolezza.

Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2020, n. 2655: specifica il rapporto tra l'attività della commissione di gara e l'amministrazione appaltante, evidenziando il ruolo di controllo del RUP e la possibilità di chiedere chiarimenti o documenti.

 

Appalto: distinzione tra variante in corso d'opera e lavori extracontrattuali

 

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La Corte di Cassazione, Sez. I, 29 aprile 2024, sentenza n. 11491, ha affermato che in tema di appalto pubblico le nuove opere richieste dal committente costituiscono varianti in corso d'opera ove, pur non comprese nel progetto originario, siano necessarie per l'esecuzione migliore ovvero a regola d'arte dell'appalto o, comunque, rientrino nel piano dell'opera stessa; costituiscono, invece, lavori extracontrattuali quelli in possesso di un'individualità distinta rispetto all'opera originaria, seppure ad essa connessi, ovvero ne integrano una variazione quantitativa o qualitativa oltre i limiti di legge; cosicché, nel primo caso, l'appaltatore è, in linea di principio, obbligato ad eseguirle, nel secondo caso, le opere debbono costituire oggetto di un nuovo appalto.


La sentenza in esame richiama e si fonda su precedenti giurisprudenziali relativi alla distinzione tra variazione delle opere contrattuali e lavori extracontrattuali.

Ecco i riferimenti:

Cass. Civ., Ordinanza 5 settembre 2023, n. 25800:

Afferma che le nuove opere richieste dal committente costituiscono varianti in corso d'opera se sono necessarie per l'esecuzione migliore o a regola d'arte dell'appalto e rientrano nel piano dell'opera stessa. Al contrario, i lavori extracontrattuali possiedono un'individualità distinta rispetto all'opera originaria e devono essere oggetto di un nuovo appalto.

Cass. Civ., Sentenza 12 maggio 2016, n. 9767:

Distingue tra varianti in corso d'opera e lavori extracontrattuali, chiarendo che le prime non necessitano di un nuovo contratto se rientrano nel progetto originario, mentre le seconde richiedono un nuovo appalto.


Cass. civ., Sentenza 22 febbraio 2022, n. 5848:

Sottolinea che il committente deve esercitare la facoltà di richiedere opere aggiuntive nel rispetto dei principi di correttezza, lealtà e buona fede, e deve cooperare all'adempimento dell'appaltatore ai sensi dell'art. 1206 cod. civ.


La sentenza Cass n. 11491/2024 ribadisce e applica i seguenti principi di diritto:

Distinzione tra varianti e lavori extracontrattuali:

Le nuove opere richieste dal committente sono considerate varianti in corso d'opera se sono necessarie per l'esecuzione a regola d'arte dell'appalto e rientrano nel piano dell'opera stessa. Se possiedono un'individualità distinta rispetto all'opera originaria, devono essere oggetto di un nuovo appalto.

Obbligo di stipulazione di un contratto integrativo:

Se le modifiche richieste dal committente stravolgono radicalmente l'oggetto del contratto originario, il committente deve stipulare un contratto integrativo che contempli il pagamento del corrispettivo per le maggiori opere eseguite.

Principi di correttezza e buona fede:

La discrezionale facoltà del committente di richiedere opere aggiuntive che snaturino l'oggetto dell'appalto originario deve essere esercitata nel rispetto dei principi generali di correttezza, lealtà e buona fede, nonché del dovere di cooperare all'adempimento dell'appaltatore (art. 1206 cod. civ.).


Inapplicabilità del regime delle riserve:

In caso di radicale stravolgimento dell'iniziale contratto, le previsioni del regime delle riserve non sono applicabili, poiché il committente avrebbe dovuto provvedere alla stipulazione di un contratto integrativo per le nuove opere.

Permesso di costruire e silenzio assenso

 

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Il titolo edilizio si forma per silenzio-assenso a fronte del decorso del tempo previsto dalla norma, indipendentemente dalla conformità urbanistico edilizia dell’intervento.

Il Collegio aderisce al recente orientamento giurisprudenziale secondo cui non è necessaria la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ai fini della formazione del silenzio-assenso.

Il titolo edilizio si forma, quindi, per il solo decorso del tempo salva la possibilità per l’amministrazione, qualora accerti che l’intervento non sia conforme, di intervenire esercitando il potere di autotutela.

Si precisa che, diversamente opinando, la norma che prevede la formazione del silenzio-assenso sarebbe di scarsa utilità per colui che, dopo aver proposto la domanda di rilascio del permesso di costruire, non riceva alcuna risposta dall’amministrazione posto che quest’ultima potrebbe sempre intervenire senza oneri e vincoli procedimentali, disconoscendo in qualunque tempo gli effetti della domanda stessa.

A supporto di questa conclusione viene anche richiamato l’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 (introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020), nella parte in cui afferma che “Le determinazioni relative […] agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli […] 20, comma 1, [...] sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall'articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni”.

Questa norma, precisando che l’amministrazione può intervenire in autotutela per annullare il titolo tacito illegittimo, ammette infatti che il silenzio-assenso possa formarsi anche quando la domanda non sia conforme alla vigente normativa (mentre la soluzione opposta, che esclude che sulla domanda riguardante un intervento non conforme possa formarsi il silenzio-assenso, sottrae questa fattispecie alla disciplina della annullabilità) (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 14 marzo 2023, n. 2661; id., 8 luglio 2022, n. 5746; Tar Lombardia, Milano, sez. II, sent. n. 2068/2023).

Lo ha affermato il T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 27 febbraio 2024, sent. n. 518

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