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Dilazione temporale del termine per presentare ricorso avverso l'aggiudicazione

Il Consiglio di Stato, condividendo l’esigenza della effettività e della pienezza della tutela, sottolinea che i meccanismi previsti dal d.lgs. n. 50/2016 per garantire la conoscenza e la conoscibilità degli atti di gara sono significativamente mutati rispetto a quelli prima previsti dal d.lgs. n. 163/2006, con conseguente nuova articolazione dei momenti in cui sorge l’onere dell’impugnazione giurisdizionale.

A conclusione di un ampio iter argomentativo, l’Adunanza plenaria è giunta all’affermazione dei seguenti principi di diritto:

«a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;

b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;

c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;

d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;

e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati».

 Con particolare riguardo alla “dilazione temporale” determinata dalla presentazione dell’istanza di accesso (lett. c) dei principi di diritto sopra riportati), lo stesso Consiglio di Stato ha successivamente precisato che «più tempestiva è l’istanza di accesso che il concorrente presenti una volta avuta conoscenza dell’aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale; quel che non può consentirsi è che il concorrente possa, rinviando nel tempo l’istanza di accesso agli atti di gara, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l’impugnazione dell’aggiudicazione» (Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2021, n. 3127).

Tali ultime considerazioni lasciano intendere che non può essere indifferente, ai fini del computo del termine decadenziale per l’impugnazione dell’aggiudicazione, l’atteggiamento dell’operatore economico interessato e, dunque, la sua maggiore o minore prontezza nell’esercizio dell’accesso agli atti (i documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario; le giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta) dalla cui conoscenza conseguano i motivi di ricorso.

Ed infatti, la giurisprudenza successiva alla pronuncia dell’Adunanza plenaria (ma già in quella precedente si rinviene l’espressione della medesima regola: cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 16.10.2019, n. 2404) ha chiarito che ai fini del computo del termine a disposizione per ricorrere avverso gli atti oggetto di ostensione documentale va tenuto conto sia dei ritardi della stazione appaltante, sia del comportamento eventualmente inerte dell’operatore economico.

Pertanto, se, da una parte, il rifiuto o il differimento dell’accesso da parte della stazione appaltante non determina la “consumazione” del potere di impugnare, dall’altra parte «ogni eventuale giorno di ritardo del concorrente non aggiudicatario che intenda accedere agli atti deve essere computato, a suo carico, sul termine complessivamente utile per proporre gravame (…). In altre parole, al termine ordinario di 30 giorni occorrerà se del caso sottrarre i giorni che ha impiegato la PA per consentire l’accesso agli atti (termine non a carico del privato) e allo stesso tempo aggiungere i giorni “a carico” del ricorrente, pari ossia al tempo impiegato tra la comunicazione di aggiudicazione e la domanda di accesso» (TAR Lazio, Roma, sez. III-quater, 15 dicembre 2020, n. 13550; anche TAR Lazio, sez. I-ter, 12 aprile 2021, n. 4249; TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 29 luglio 2021, n. 747).

Così, «se l’impresa interessata presenta immediatamente istanza di accesso ha a disposizione l’integrale termine di 30 giorni per formulare censure derivanti dalla presa visione della documentazione, decorrenti dal momento in cui riceve il riscontro della Stazione appaltante. Se invece l’impresa non procede all’immediata presentazione dell’istanza di accesso, il relativo ritardo determina una progressiva erosione dei giorni a disposizione per impugnare tramite motivi aggiunti, atteso che l’inerzia dell’impresa istante non può costituire un mezzo a disposizione dell’impresa per dilatare ad libitum i termini di legge. Diversamente ragionando, si determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che si siano immediatamente attivati con l’accesso agli atti e coloro che, invece, abbiano ritardato nel presentare tale istanza, in tal modo determinando quegli effetti dilatori che la pronuncia dell’Adunanza Plenaria mira ad evitare» (TAR Lazio, Roma, sez. III-quater, 24 novembre 2020, n. 12480).

Per le stesse ragioni, è stato ritenuto che «nel caso in cui il comportamento della stazione appaltante non sia dilatorio, il termine di impugnazione degli atti di gara non inizierà a decorrere solo dalla conoscenza dei medesimi atti da parte del ricorrente, ma da un momento antecedente, ossia quello in cui il ricorrente avrebbe potuto ottenere i documenti richiesti ma che non ha ottenuto per un suo ritardo nell’azione di accesso, atteso che sempre secondo quanto statuito da Adunanza Plenaria n. 12/2020, si deve “… comunque tenere conto anche di quando l’impresa avrebbe potuto avere conoscenza degli atti, con una condotta ispirata alla ordinaria diligenza”, in quanto, altrimenti, con condotte dilatorie ad hoc, l’impresa potrebbe avvalersi di un termine di impugnazione maggiore di quello previsto per legge» (TAR Emilia-Romagna, sez. I, Parma, 22 luglio 2020, n. 139).

TAR Perugia, 19.10.2021 n. 736

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