SCIA edilizia e poteri di intervento del Comune
Il TAR Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 13 dicembre 2021, n. 553, si è espresso in merito alla legittimità di un provvedimento con cui è stato disposto “il divieto immediato di prosecuzione dell’attività di cui alla “Segnalazione certificata di inizio attività” e la rimozione di tutti gli eventuali effetti dannosi e lavori. Il divieto, nel caso concreto, interveniva 88 giorni dopo la presentazione della SCIA.
Ha chiarito il TAR che, in materia di SCIA edilizia, l'amministrazione può intervenire esercitando i poteri di verifica di sua competenza anche ex post, ossia dopo la scadenza del termine ordinario di 30 giorni dalla presentazione della dichiarazione, ma solamente in presenza delle condizioni di cui all'art. 21 nonies Legge n. 241 del 1990 (ai sensi del quale l'annullamento del provvedimento amministrativo richiede, oltre all'illegittimità dell'atto, anche la sussistenza dell'interesse pubblico alla sua rimozione). La motivazione deve dar conto della ponderazione degli interessi in gioco, inclusi quelli dei destinatari dell'atto e dei controinteressati, anche alla luce del tempo trascorso dall'adozione del provvedimento.
Ciò comporta che solo entro 30 giorni dalla proposizione della SCIA edilizia, i poteri de quibus in capo all'amministrazione sono pieni e rivestono il carattere della doverosità e della vincolatività. Decorsi i 30 giorni dalla proposizione della SCIA, invece, ai sensi del successivo comma 4 dell'art. 19 della L. n. 241/90, "l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti" inibitori ovvero repressivo/sanzionatori previsti dal precedente comma 3, previa valutazione dell'esistenza delle condizioni previste per l'esercizio del cd. potere di autotutela di cui all'art. 21 nonies della L. n. 241/90 (in tali termini, T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, 25/01/2021, n. 911).
In buona sostanza, decorso detto termine, il potere amministrativo di controllo e vigilanza sull’attività edilizia non è soggetto a consumazione ma il suo esercizio è sottoposto ad un onere motivazionale “rafforzato” in relazione al rispetto delle condizioni per disporre l’annullamento d’ufficio di cui all'art. 21 nonies della L. n. 241/90 che deve esplicarsi “non mediante il mero richiamo alla mera esigenza del ripristino della legalità, ovvero facendo valere la mancanza dei requisiti oggettivi cui deve conformarsi l'attività privata avviata, bensì comparando tale esigenza con la posizione di vantaggio già acquisita dal privato e con la situazione specifica che si riscontra nel caso concreto”. (si tratta di principi ormai consolidati, a partire dalla nota Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 17 ottobre 2017, n. 8; cfr. da ultimo, T.A.R. Napoli, Sez. II, 11 febbraio 2020, n. 673; T.A.R. Napoli, Sez. II, 16 giugno 2020, n. 2460; Cons. Stato, Sez. II, 14 dicembre 2020, n. 8004; T.A.R. Campania Napoli Sez. II, 03/02/2021, n. 773).