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Revoca dell'aggiudicazione dopo la sottoscrizione di un accordo quadro

Veniva indetta una procedura per l'aggiudicazione di un servizio integrato (servizio di lavanolo). Stipulata la convenzione (accordo quadro), l'aggiudicatario si obbligava ad accettare la stipula dei singoli contratti di fornitura con l'Azienda sanitaria destinataria del servizio correlato. Aggiudicato il primo lotto – e conclusa la relativa convenzione – l'Azienda sanitaria interessata ha aderito alla convenzione, inviando per la sottoscrizione lo schema di contratto attuativo.

Il contratto attuativo non veniva sottoscritto dall'aggiudicataria, pertanto la stazione appaltante provvedeva a revocare l'aggiudicazione della convenzione (accordo quadro). In particolare,  venivano indicate plurime ragioni a sostegno della revoca: (i) aumento dei costi delle materie prime e dell'energia; (ii) criticità del modello operativo posto a base di gara; (iii) rifiuto espresso dell'o.e. a sottoscrivere il contratto attuativo.

Avverso tale atto, l'aggiudicataria ha presentato ricorso, contestando, in primis, l'intervenuta evoluzione del rapporto dalla fase pubblicistica a quella privatistica - per effetto della stipula della convenzione e della successiva adesione dell'azienda sanitaria beneficiaria della fornitura -, contestando la carenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di autotutela alla stregua dei principi indicati dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 14/2014.

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso.

 

L'accordo quadro non costituisce un appalto in senso stretto, in quanto da sé solo non comporta diritti né immediati obblighi di esecuzione. Esso è riconducibile alla categoria civilistica del contratto normativo, in quanto detta le condizioni dei successivi contratti integrativi, ovvero reca un programma contrattuale per quanto destinato a inverarsi e completarsi nel contratto attuativo a valle.

Una volta sottoscritto il contratto e reciprocamente accettato il programma negoziale su base (tendenzialmente) paritetica, l'interesse pubblico, che abbia già trovato sede all'interno della piattaforma convenzionale, potrà essere salvaguardato dall'amministrazione solo mediante un'autotutela di pari matrice privatistica, vale a dire con lo speciale diritto potestativo di recesso disciplinato dal codice dei contratti pubblici.

L'aumento dei costi e il mutato contesto di mercato non costituiscono motivo di revoca di un contratto quadro: , secondo il g.a., si tratta di profili di equilibrio contrattuale ed efficienza dello scambio il cui ambito di regolazione è da individuarsi nella convenzione stipulata, che ha recepito, a livello negoziale, gli importi dei prezzi di aggiudicazione dell'appalto.

Di conseguenza, di fronte a sopraggiunte ragioni di opportunità, contrarie al mantenimento di un assetto non più rispondente al fine primario dell'interesse pubblico, la tutela di quest'ultimo deve del pari esplicarsi attraverso rimedi negoziali.

Analogamente, la contestazione all'aggiudicataria di aver rifiutato la sottoscrizione del contratto di fornitura, esorbita dalla fase pubblicistica della procedura, attenendo, piuttosto, al piano delle obbligazioni traenti titolo dal contratto.

I Giudici richiamano i principi enucleati dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 14/2014, in base ai quali, dopo la stipulazione del contratto, “deve ritenersi insussistente (...) il potere di revoca, poiché: presupposto di questo potere è la diversa valutazione dell'interesse pubblico a causa di sopravvenienze; il medesimo presupposto è alla base del recesso in quanto potere contrattuale basato su sopravvenuti motivi di opportunità (...); la specialità della previsione del recesso di cui al citato art. 134 [in specie art. 109 d.lgs. 50/2016] del codice preclude, di conseguenza, l'esercizio della revoca”.

E' quanto affermato dal T.A.R. Piemonte con sentenza n. 155/2024.

 

 

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