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Interdittiva antimafia

Controversie interdittiva antimafia - NewsTuttoGare

La consolidata giurisprudenza amministrativa ha chiarito che l'iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (c.d. white list) è disciplinata dagli stessi principi che regolano l'interdittiva antimafia, in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione (Cons. Stato, sez. III, 20 febbraio 2019, n. 1182). 

Escluso qualsivoglia automatismo tra l'adozione di un'interdittiva antimafia e la sua conseguente estensione alle imprese legate da vincoli associativi a quella attinta dalla prima misura, la giurisprudenza ha chiarito che uno degli indici del tentativo di infiltrazione mafiosa nell'attività d'impresa - di per sé sufficiente a giustificare l'emanazione di una interdittiva antimafia - è stato identificato nella instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un'impresa e una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. III, 26 maggio 2016, n. 2232).

La ratio di tale regola dev'essere, in particolare, rinvenuta nella valenza sintomatica (del rischio di collusioni illecite con organizzazioni mafiose) attribuibile a cointeressenze economiche particolarmente pregnanti tra un'impresa certamente gravata da controindicazioni antimafia e un'altra che fa affari con essa.

Perché possa presumersi il 'contagio' alla seconda impresa della 'mafiosità' della prima è, ovviamente, necessario che la natura, la consistenza e i contenuti delle modalità di collaborazione tra le due imprese siano idonei a rivelare il carattere illecito dei legami stretti tra i due operatori economici.

Laddove, in particolare, l'analisi dei rapporti tra le due imprese manifesti una plausibile condivisione di finalità illecite e una verosimile convergenza verso l'assoggettamento agli interessi criminali di organizzazioni mafiose, desumibili, ad esempio, dalla stabilità, dalla persistenza e dalla intensità dei vincoli associativi o delle relazioni commerciali, può presumersi l'esistenza di un sodalizio criminoso tra i due operatori.

Al contrario, nella misura in cui l'esame dei contatti tra le società riveli il carattere del tutto episodico, inconsistente o remoto delle relazioni d'impresa, deve escludersi l'automatico trasferimento delle controindicazioni antimafia dalla prima alla seconda società. Mentre, infatti, nella prima ipotesi la continuità e la particolare qualificazione della collaborazione tra le imprese giustifica il convincimento, seppur in termini prognostici e probabilistici, che l'impresa 'mafiosa' trasmetta alla seconda il suo corredo di controindicazioni antimafia, potendosi presumere che la prima scelga come partner un soggetto già colluso o, comunque, permeabile agli interessi criminali a cui essa resta assoggettata (o che, addirittura, interpreta e persegue), nel secondo caso, al contrario, il carattere del tutto sporadico e scarsamente significativo dei contatti tra i due operatori impedisce di formulare la predetta valutazione (in presenza di ulteriori e diversi indici sintomatici) (Cons. Stato, sez. III, 22 giugno 2016, n. 2774).

Lo ha affermato il Consiglio di Stato,Sez. III, con sentenza n. 2160 del 5 marzo 2024, intervenuta in materia di interdittiva antimafia.

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