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La P.A. è obbligata a provvedere sull'istanza del privato

 

Il Tempo è Scaduto! Lettera a Conte

L’obbligo per la pubblica amministrazione di agire in via provvedimentale discende dall’art. 2, L. 7 agosto 1990, n. 241.

Per costante orientamento giurisprudenziale, costituisce principio generale, riconducibile ai canoni di trasparenza e buona amministrazione ex art. 97 Cost. ed alla disposizione normativa di cui all'art. 2, comma 3, L. n. 241/1990, quello secondo cui è obbligo della Pubblica Amministrazione adottare un provvedimento espresso sull'istanza del soggetto interessato (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7955).

Ciò anche al fine di assicurare la trasparenza dell'azione e dei comportamenti dell'Amministrazione e favorire lo svolgimento imparziale del procedimento (cfr. C.G.A.R.S., 8 novembre 2005, n. 747).

L'obbligo dell'amministrazione pubblica di provvedere sulle istanze del privato con un provvedimento formale corrisponde ad un principio di civiltà giuridica, codificato dalla legge generale sul provvedimento amministrativo n. 241/1990, n. 241, art. 2, che trasmette un forte segnale in ordine alla doverosità dell'espresso agire della pubblica amministrazione, collegato al necessario raggiungimento della definizione, in senso positivo o negativo, di quella quota di interesse sostanziale concretamente messo in moto dall'atto di impulso del privato ed in esso soggettivizzata.

In presenza di una formale istanza l'Amministrazione è tenuta a concludere il procedimento, e ciò anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte. Il legislatore, infatti, ha imposto al soggetto pubblico di rispondere alle istanze private, sancendo l'esistenza di un dovere che rileva ex se quale diretta attuazione dei principi di correttezza, buon andamento e trasparenza, consentendo altresì alle parti, attraverso l'emanazione di un provvedimento espresso, di tutelare in giudizio i propri interessi a fronte di provvedimenti ritenuti illegittimi (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. III, 23 febbraio 2022, n. 1283). 

Ogniqualvolta la realizzazione della pretesa sostanziale vantata dal privato dipenda dall'intermediazione del pubblico potere e da scelte discrezionali, l'Amministrazione, in particolare, è tenuta ad assumere una decisione espressa, anche qualora si faccia questione di procedimenti ad istanza di parte e l'organo procedente ravvisi ragioni ostative alla valutazione, nel merito, della relativa domanda: l'attuale formulazione dell'art. 2, comma 1, L. n. 241/1990, pure in caso di manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità della domanda, impone l'adozione di un provvedimento espresso, consentendosi in tali ipotesi soltanto una sua redazione in forma semplificata, ma non giustificandosi una condotta meramente inerte.

Il silenzio inadempimento non può, invece, configurarsi in presenza di posizioni giuridiche di diritto soggettivo, aventi ad oggetto un'utilità giuridico economica attribuita direttamente dal dato positivo, non necessitante dell'intermediazione amministrativa per la sua acquisizione al patrimonio giuridico individuale della parte ricorrente. 

La ha stabilito il Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza n. 1040 del 1° febbraio 2024

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