Tel. ufficio:

0971.410469

Cell:

392.4116280

Concessioni senza gara: illegittimità costituzionale dell'obbligo di affidare a terzi i contratti

La disposizione censurata nel giudizio di legittimità costituzionale - art. 177, comma 1, Codice dei contratti pubblici - stabilisce che i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea, sono obbligati ad affidare una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità. La restante parte può essere realizzata da società in house di cui all’articolo 5 per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. 

La Corte Costituzionale ha ritenuto che la previsione dell'obbligo a carico dei titolari di concessioni già in essere, non assegnate con la formula della finanza di progetto o con procedure a evidenza pubblica, di affidare completamente all'esterno l'attività oggetto di concessione - mediante appalto a terzi dell'80 per cento dei contratti inerenti alla concessione stessa e mediante assegnazione a società in house o comunque controllate o collegate del restante 20 per cento - costituisca una misura irragionevole e sproporzionata, lesiva della libertà di iniziativa economica, con la conseguenza dell'illegittimità costituzionale dell'art. 177, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell'art. 1, comma 1, lettera iii), della legge n. 11 del 2016, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 41, primo comma, Cost.

L'impossibilità per l'imprenditore concessionario di conservare finanche un minimo di residua attività operativa trasforma la natura stessa della sua attività imprenditoriale e lo tramuta da soggetto (più o meno direttamente) operativo in soggetto preposto ad attività esclusivamente burocratica di affidamento di commesse, cioè, nella sostanza, in una stazione appaltante.

La garanzia di libertà economica posta nell'art. 41 Cost. riguarda non soltanto la fase iniziale di scelta dell'attività, ma anche i successivi momenti del suo svolgimento.

Il legislatore ha omesso del tutto di considerare l'interesse dei concessionari che, per quanto possano godere tuttora di una posizione di favore derivante dalla concessione ottenuta in passato, esercitano nondimeno un'attività di impresa per la quale hanno sostenuto investimenti e fatto programmi, riponendo un relativo affidamento nella stabilità del rapporto instaurato con il concedente. Affidamento che riguarda, inoltre, anche al di là dell'impresa e delle sue sorti, la prestazione oggetto della concessione, e quindi l'interesse del concedente, degli eventuali utenti del servizio, nonché del personale occupato nell'impresa. Interessi tutti che, per quanto comprimibili nel bilanciamento con altri ritenuti meritevoli di protezione da parte del legislatore, non possono essere tuttavia completamente pretermessi, come risulta essere accaduto invece nella scelta legislativa in esame.

Il legislatore sarebbe stato tenuto a perseguire l'obiettivo di tutela della concorrenza non attraverso una misura radicale e ad applicazione indistinta, ma calibrando l'obbligo di affidamento all'esterno sulle varie e alquanto differenziate situazioni concrete, attenuandone la radicalità, se del caso attraverso una modulazione dei tempi, ovvero limitandolo ed escludendolo, ad esempio, laddove la posizione del destinatario apparisse particolarmente meritevole di protezione, e comunque in definitiva dando evidenza alle circostanze rilevanti in funzione di un adeguato bilanciamento dei due diversi aspetti della libertà di impresa, costituiti, come visto, dalla aspirazione a proseguire un'attività in atto, da un lato, e dall'esigenza di assicurare la piena concorrenza, dall'altro.

Per questi motivi, la Corte Costituzionale ha dichiarato  l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) e dell'art. 177, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); ha altresì dihiarato in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'art. 177, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Parlaci del tuo caso, siamo pronti ad ascoltarti

TELEFONO

0971.410469

Studio Legale de Bonis

Lo Studio Legale de Bonis, fondato nel 1872, è uno degli studi legali italiani di più antica tradizione. La tradizione, sinonimo di affidabilità e continuità, si lega con la modernità.

Ultimi Articoli

I Nostri Social

Skype
LinkedIn

Contatti

Via IV Novembre 58 – 85100 Potenza
0971.410469
0971.275503