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Obbligo dei sanitari di sottoporsi al vaccino anti Covid 19

Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello cautelare proposto da un operatore sanitario avverso il decreto del TAR concernente l'accertamento di inottemperanza all'obbligo vaccinale e la sospensione dall'ordine dei medici.

Il Giudice di appello ha rilevato che la prevalenza del diritto fondamentale alla salute della collettività rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini - sulla base di ragioni non scientificamente provate - assume una connotazione ancor più peculiare e dirimente allorché il rifiuto di vaccinazione sia opposto da chi, come il personale sanitario, sia - per legge e per il cd. “giuramento di Ippocrate”- tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui nell’esercizio della attività professionale entri in diretto contatto.

Ha poi ritenuto che la massiva vaccinazione di coloro che entrano per servizio ordinariamente in contatto con altri cittadini, specie in situazione di vulnerabilità, rappresenta una delle misure indispensabili per ridurre, anche nei giorni correnti, la nuovamente emergente moltiplicazione dei contagi, dei ricoveri, delle vittime e di potenzialmente assai pericolose nuove varianti.

Il Consiglio di Stato afferma, in conclusione, che il danno irreparabile è incomparabilmente più grave per la collettività dei pazienti e per la salute generale, rispetto a quello lamentato dall’operatore sanitario sulla base di dubbi scientifici valutati non dimostrati a fronte delle amplissimamente superiori prove, con l’erogazione di decine di milioni di vaccini solo nel nostro Paese, degli effetti positivi delle vaccinazioni sul contrasto alla pandemia e alla sue devastanti conseguenze umane, sociali e di deprivazione della solidarietà quale principio cardine della nostra Costituzione.

Cons. Stato, sez. III, 2 dicembre 2021, decreto n. 6401

Notizie di Giustizia Amministrativa - Appalti

Aggiornamento del 29 novembre 2021 - a cura di Andrea de Bonis

1) Appalto a misura: è legittimo indicare un unico ribasso percentuale ed indicare analiticamente ribassi maggiori per le singole lavorazioni

Nel caso oggetto della decisione l’aggiudicatario ha presentato la documentazione richiesta dal disciplinare di gara e, più precisamente, ha indicato il ribasso percentuale unico offerto sull’importo a base d’asta, comprensivo delle migliorie; ha poi elaborato la percentuale individuando i ribassi da applicare alle singole categorie di prezzi delle lavorazioni, ivi comprese quelle rientranti tra le migliorie proposte.

Siffatta modalità di determinazione del ribasso unico percentuale offerto sia coerente e non contrastante con le prescrizioni del disciplinare di gara. Per rendere coerente l’importo del computo metrico estimativo complessivo migliorativo offerto e l’importo a base d’asta al netto del ribasso offerto si devono prima applicare i ribassi alle singole lavorazioni, definire un importo totale, e solo a quel punto, stabilire a quale percentuale di ribasso unitario sul prezzo a base d’asta corrisponda detto importo.

Che ciò comporti l’applicazione ai prezzi unitari contenuti nell’elenco prezzi posto a base di gara di una percentuale di ribasso in taluni casi maggiore del ribasso unitario offerto (per così dire, finale) è, come a breve si avrà modo di chiarire, inevitabile e, comunque, irrilevante.

L’art. 59, comma 5 – bis, secondo periodo, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, dispone che “Per le prestazioni a corpo il prezzo offerto rimane fisso e non può variare in aumento o diminuzione, secondo la qualità e la quantità effettiva dei lavori eseguiti. Per le prestazioni a misura il prezzo convenuto può variare in aumento o in diminuzione, secondo la quantità effettiva dei lavori eseguiti. Per le prestazioni a misura il contratto fissa i prezzi invariabili per l’unità di misura”.

Per questo è solo nell’appalto “a corpo” che delle migliorie offerte il concorrente non deve dar conto alla stazione appaltante in sede di offerta economica poiché se ne fa integralmente carico facendole rientrare nel prezzo offerto; diversamente, ricorrendo nel caso in esame un appalto "a misura" e richiedendo ai concorrenti di fornire il computo metrico estimativo migliorativo complessivo all’interno dell’ “offerta economica”, la stazione appaltante ha qui detto rilevanti le variazioni di prezzo indotte dalle migliorie per la definizione del prezzo proposto.

Il concorrente dovrà operare un bilanciamento tra i prezzi unitari delle singole lavorazioni, già previste ovvero aggiunte/sostituite, per giungere a proporre un ribasso che dia un importo complessivo offerto (che si possa ritenere) sostenibile. Che è parametro di valutazione della congruità dell’offerta proposta.

E' però inevitabile che in fase di elaborazione dell’offerta – che, è opportuno sottolineare, precede la dichiarazione dell’offerta ed è assorbita dal ribasso unitario in questa dichiarato, se anche se ne dia evidenza nella documentazione rimessa alla stazione appaltante – il concorrente preveda per alcune lavorazioni (id est per alcuni dei prezzi unitari contenuti nell’elenco prezzi da cui è scaturito l’importo a base di gara) ribassi maggiori rispetto al ribasso unitario alfine dichiarato. L’importo complessivo finale al quale il concorrente si impegna ad eseguire l’opera che effettivamente deriva inevitabilmente dal prezzo di tutte le singole lavorazioni  ipotizzato dal concorrente.

Cons. Stato, sez. V, 24 novembre 2021, sent. n. 7866

2) Consorzio stabile: può essere costituito da società controllate da un unico soggetto giuridico

L’art. 45, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede tre requisiti costitutivi minimi, per aversi consorzio stabile: la partecipazione almeno di 3 consorziati; il vincolo consortile di durata almeno quinquennale; l’istituzione di una comune struttura di impresa per l'esecuzione anche in via diretta delle prestazioni oggetto di affidamento pubblico.

La circostanza, dedotta ed enfatizzata dalla società ricorrente, che le società che hanno costituito il consorzio fossero controllate da un unico soggetto giuridico, è priva di rilievo, in quanto nessuna norma di legge impedisce a società diverse, ma controllate da uno stesso soggetto, di istituire “un’organizzazione comune per coordinare e regolare alcune fasi delle loro imprese”.

Le società che hanno istituito il consorzio stabile, sono e restano distinti soggetti di diritto, dotati di autonomia patrimoniale, ancorché controllate, in via maggioritaria o totalitaria, da altra società.

In particolare, il controllo societario maggioritario o totalitario in capo ad un’unica società non esclude l’autonomia gestionale e decisionale delle controllate, che restano autonomi soggetti giuridici.

La costituzione del consorzio si intende effettuata ad opera di un numero di imprese compatibile con quello prescritto dall’art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, a norma del quale “I consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”.

Tar Lazio, sez. I quater, 24 novembre 2021, sent. n. 12107

3) Giudizio di anomalia dell’offerta ove vengono in rilievo valutazioni tecniche dell’amministrazione: il Giudice Amministrativo può esaminare i vizi di istruttoria e di motivazione

Anche se il giudizio di anomalia dell'offerta è connotato da ampi margini di discrezionalità e costituisce espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica, di esclusiva pertinenza dell'amministrazione, esulando dalla competenza del giudice amministrativo, il cui sindacato è limitato solo al caso in cui le valutazioni di merito della pubblica amministrazione siano inficiate da macroscopiche illegittimità, quali gravi e plateali errori di valutazione o errori di fatto che rendano palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta. (C. Stato, sez. IV, 04-06-2020, n. 3528) non è certo escluso un sindacato significativo su tali scelte discrezionali.

La discrezionalità tecnica della P.A. potrà essere conosciuta dal Giudice quando sono in rilievo vizi di istruttoria e di motivazione, che sono idonei a rendere manifestamente arbitraria ed illogica la valutazione effettuata dall’amministrazione.

Il giudizio di verifica dell’anomalia dell’offerta costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato all’amministrazione ed insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità od irragionevolezza dell’operato della Commissione di gara (Cons. Stato, sez. III, 544/2021).

Se nel giudizio emerge un’inadeguatezza della percentuale di incidenza delle spese generali, in assenza di adeguata giustificazione, non può prescindersene, atteso che le spese generali per l’esecuzione dell’appalto attengono, in definitiva, alle spese di azienda, vale a dire al costo dell’organizzazione di impresa (della sua organizzazione e conduzione).

L’accertamento di una carenza di istruttoria da parte della stazione appaltante nella verifica di anomalia dell’offerta dell’aggiudicatario impone la riapertura del relativo subprocedimento e la valutazione anche delle giustificazioni presentate dagli altri concorrenti; tale sindacato non incontra un limite nell’art. 34, comma 2, cod. proc. amm., in quanto, per il solo fatto di determinare un prosieguo procedimentale, non integra una pronuncia sui poteri amministrativi non ancora esercitati, limitandosi piuttosto ad un effetto conformativo sulla riedizione del potere (in termini Cons. Stato, sez. VI, n. 2520/2020).

Cons. Stato, sez. VI, 26 novembre 2021, sent. n. 7912

4) Illecito dichiarativo ai sensi dell’art. 80, comma 5, d.lgs n. 50/2016: non rileva l'omessa dichiarazione di una sentenza successiva alla gara

L’omessa dichiarazione, in chiave di aggiornamento di quella resa in sede di partecipazione alla gara, ed in particolare la mancata comunicazione da parte dell’operatore economico della sentenza sopraggiunta della Cassazione, confermativa del provvedimento AGCM repressivo un illecito anti-concorrenziale, non essendo atta a generare il potere-dovere della stazione appaltante di valutare l’affidabilità e l’integrità del concorrente alla luce del consumato illecito concorrenziale, non è suscettibile di integrare la violazione dell’obbligo dichiarativo, non essendo necessario l’aggiornamento della dichiarazione resa in sede di partecipazione alla gara.

La condotta omissiva imputata all’operatore economico non potrebbe che essere ricondotta, sotto il profilo sanzionatorio, all’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50/2016, in ragione della presenza, nella norma citata così come nella fattispecie in esame, dell’elemento specializzante – assente invece nella lett. f-bis) – relativo alla finalizzazione della dichiarazione all’adozione dei provvedimenti di competenza dell’Amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o all’aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest'ultima.

La norma citata si fonda su un presupposto – l’attitudine della dichiarazione/informazione falsa o fuorviante ad “influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” ovvero il carattere doveroso dell’informazione/dichiarazione omessa “ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” – che sottende la dimostrazione della effettiva rilevanza causale della dichiarazione falsa o omessa sull’esercizio da parte della stazione appaltante dei suoi poteri in materia di ammissione-selezione-aggiudicazione.

Nel caso di specie, l’ammissione alla gara viene fatta discendere dalla stazione appaltante, oltre che dalla assenza di provvedimenti giurisdizionali definitivi inerenti all’illecito antitrust commesso, dal fatto che “in ogni caso dall’esame della documentazione allegata all’informativa risulta che le misure di self cleaning adottate dall’operatore economico sono idonee dal punto di vista tecnico, organizzativo e del personale a prevenire ulteriori reati o illeciti”. 

Le norme citate, distinguendo il carattere “falso” o “fuorviante” della dichiarazione (omissiva) dalla sua idoneità ad influenzare il percorso decisionale dell’Amministrazione, separano nettamente ciò che afferisce alla sfera soggettiva del dichiarante (che appunto deve essere consapevole della non veridicità/attendibilità della sua dichiarazione) da ciò che attiene, invece, alla sfera della stazione appaltante, nella quale devono concretamente riverberarsi e manifestarsi gli effetti decettivi di quella dichiarazione.

Cons. Stato, sez. III, 25 novembre 2021, sent. n. 7892

5) Interdittiva antimafia: a supportare il provvedimento interdittivo sono sufficienti anche situazioni indiziarie

Tra le situazioni indiziarie sufficienti a supportare il provvedimento interdittivo vi sono: i provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale; le sentenze di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa; la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dal d.lgs. n. 159 del 2011; i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”; i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia; le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa e nella sua gestione, incluse le situazioni in cui la società compie attività di strumentale pubblico sostegno a iniziative, campagne antimafia, antiusura, antiriciclaggio, allo scopo di mostrare un “volto di legalità” idoneo a stornare sospetti o elementi sostanziosi sintomatici della contaminazione mafiosa; la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”; l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità.

Vale ancora ricordare che ai fini della legittima adozione del provvedimento interdittivo è sufficiente la contiguità soggiacente agli ambienti della criminalità organizzata, non richiedendosi necessariamente la ben più forte contiguità compiacente, essendo anche la prima insidiosa per la propria capacità pervasiva all’interno dell’economia.

Il mutamento intervenuto nel fenomeno mafioso, che è passato dalle “tragiche stagioni di sangue degli attacchi frontali allo Stato” alla quotidiana occupazione di settori economici penetrando nell’economia legale, è particolarmente evidente nel caso di contiguità compiacente, in cui si rinvengono condotte ambigue di operatori che, benché siano formalmente estranei ad associazioni mafiose, si pongono su una pericolosa linea di confine tra legalità e illegalità nell’esercizio dell’attività imprenditoriale.

I fatti sui quali si fonda tale misura di prevenzione possono anche essere risalenti nel tempo nel caso in cui vadano a comporre un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

Cons. Stato, sez. III, 25 novembre 2021, sent. n. 7890

6) Subappalto necessario: sussiste l'obbligo di rendere inequivoca e specifica dichiarazione da parte del concorrente privo del requisito 

L’attivazione del subappalto necessario, essendo correlata alla dimostrazione del possesso di un requisito di partecipazione richiesto a pena di esclusione, presuppone un’inequivoca e specifica dichiarazione di volontà da parte dell’operatore.

Qualora sia privo del requisito di gara, il concorrente è tenuto a dare espressa indicazione della volontà di ricorrere a subappalto per qualificarsi (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 13 agosto 2020, n. 5030).

Tale dichiarazione è del tutto mancante nel caso in esame.

L’operatore economico, lungi dal dichiarare l’esigenza di ricorrere al subappalto necessario, ha affermato di essere in possesso dei requisiti richiesti, rimandando al contenuto della certificazione SOA allegata al DGUE, dalla quale però emerge il difetto di qualificazione per le opere in categoria OS 21.

Quindi l’operatore economico ha dichiarato il possesso di un requisito di cui non disponeva, perché non ha palesato ab origine l’indefettibilità dell’attivazione del subappalto necessario.

L’aggiudicataria ha reso la dichiarazione di subappalto in termini di mera eventualità riservandosi “la facoltà di subappaltare”, che è antitetica rispetto all’esigenza imprescindibile di attivare il subappalto qualificante.

Sostiene la ricorrente che, siccome la certificazione SOA non attestava il possesso del requisito per la categoria OS 21, allora sarebbe implicito che la riserva di subappalto per le opere specialistiche andava intesa come riferita ad un subappalto necessario.

La tesi esposta non è condivisa dal TAR, perché confligge in modo netto sia con l’esigenza che il possesso dei requisiti di partecipazione sia dichiarato in modo specifico, sia con il contenuto delle dichiarazioni rese.

La diligenza qualificata che connota l’azione dell’operatore di settore implica che egli conosca i limiti entro i quali può attivare il subappalto, specie qualora si tratti di opere specialistiche per le quali non dispone della necessaria certificazione SOA.

TAR Lombardia, sez. I, 22 novembre 2021, n. 2592

 

 

Rincaro dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici: necessità di presentare apposita istanza

opere pubbliche

 

E’ stato pubblicato in GU Serie Generale n.279 del 23-11-2021 il decreto 11 novembre 2021 (rilevazione delle variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all'8 per cento, verificatesi nel primo semestre dell'anno 2021, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi) del Ministero delle infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (qui il link).

L’Amministrazione ha determinato, ai sensi dell’art. 1-septies, comma 4, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, relativamente ai materiali da costruzione più significativi, le variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all'8%, verificatesi nel primo semestre dell'anno 2021, rispetto ai prezzi medi rilevati con riferimento all'anno 2020.

La norma primaria (qui il link) prevede l'onere dell’appaltatore - che sia stato interessato dai rincari - di presentare alla stazione appaltante apposita istanza di compensazione entro quindici giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto.

Pertanto, gli operatori economici che hanno sostenuto spese per materiali da costruzione il cui prezzo ha subito un aumento (pari o superiore all’8% rispetto alla data di presentazione dell’offerta) dovranno presentare, ai sensi dell'art. 1-septies,  comma  1,  del  decreto-legge  25 maggio 2021, n. 73,  convertito  con  modificazioni  dalla  legge  23 luglio 2021, n. 106, un’apposita istanza alla stazione appaltante entro il termine perentorio di 15 giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale.

Il termine perentorio per la presentazione dell'istanza scade il giorno 8 dicembre 2021.

Il Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili ha anche reso disponibili le modalità operative per il calcolo e il pagamento della compensazione dei prezzi dei materiali da costruzione più significativi ai sensi dell’articolo 1-septies del D.L. n. 73/2021, convertito con modificazioni dalla Legge n. 106/2021.

Lo straordinario impatto dell’aumento dei costi riguarda la gran parte dei contratti pubblici in corso di esecuzione.

 

Concessioni senza gara: illegittimità costituzionale dell'obbligo di affidare a terzi i contratti

La disposizione censurata nel giudizio di legittimità costituzionale - art. 177, comma 1, Codice dei contratti pubblici - stabilisce che i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea, sono obbligati ad affidare una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità. La restante parte può essere realizzata da società in house di cui all’articolo 5 per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. 

La Corte Costituzionale ha ritenuto che la previsione dell'obbligo a carico dei titolari di concessioni già in essere, non assegnate con la formula della finanza di progetto o con procedure a evidenza pubblica, di affidare completamente all'esterno l'attività oggetto di concessione - mediante appalto a terzi dell'80 per cento dei contratti inerenti alla concessione stessa e mediante assegnazione a società in house o comunque controllate o collegate del restante 20 per cento - costituisca una misura irragionevole e sproporzionata, lesiva della libertà di iniziativa economica, con la conseguenza dell'illegittimità costituzionale dell'art. 177, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell'art. 1, comma 1, lettera iii), della legge n. 11 del 2016, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 41, primo comma, Cost.

L'impossibilità per l'imprenditore concessionario di conservare finanche un minimo di residua attività operativa trasforma la natura stessa della sua attività imprenditoriale e lo tramuta da soggetto (più o meno direttamente) operativo in soggetto preposto ad attività esclusivamente burocratica di affidamento di commesse, cioè, nella sostanza, in una stazione appaltante.

La garanzia di libertà economica posta nell'art. 41 Cost. riguarda non soltanto la fase iniziale di scelta dell'attività, ma anche i successivi momenti del suo svolgimento.

Il legislatore ha omesso del tutto di considerare l'interesse dei concessionari che, per quanto possano godere tuttora di una posizione di favore derivante dalla concessione ottenuta in passato, esercitano nondimeno un'attività di impresa per la quale hanno sostenuto investimenti e fatto programmi, riponendo un relativo affidamento nella stabilità del rapporto instaurato con il concedente. Affidamento che riguarda, inoltre, anche al di là dell'impresa e delle sue sorti, la prestazione oggetto della concessione, e quindi l'interesse del concedente, degli eventuali utenti del servizio, nonché del personale occupato nell'impresa. Interessi tutti che, per quanto comprimibili nel bilanciamento con altri ritenuti meritevoli di protezione da parte del legislatore, non possono essere tuttavia completamente pretermessi, come risulta essere accaduto invece nella scelta legislativa in esame.

Il legislatore sarebbe stato tenuto a perseguire l'obiettivo di tutela della concorrenza non attraverso una misura radicale e ad applicazione indistinta, ma calibrando l'obbligo di affidamento all'esterno sulle varie e alquanto differenziate situazioni concrete, attenuandone la radicalità, se del caso attraverso una modulazione dei tempi, ovvero limitandolo ed escludendolo, ad esempio, laddove la posizione del destinatario apparisse particolarmente meritevole di protezione, e comunque in definitiva dando evidenza alle circostanze rilevanti in funzione di un adeguato bilanciamento dei due diversi aspetti della libertà di impresa, costituiti, come visto, dalla aspirazione a proseguire un'attività in atto, da un lato, e dall'esigenza di assicurare la piena concorrenza, dall'altro.

Per questi motivi, la Corte Costituzionale ha dichiarato  l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) e dell'art. 177, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); ha altresì dihiarato in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'art. 177, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Rimozione del limite quantitativo al subappalto dal 1° novembre 2021

L’art. 49, co.2, del d.l. 77/2021, con decorrenza 1° novembre 2021, ha disposto l’abrogazione del dell’art. 105, co.5, del Codice (ai sensi del quale «per le opere di cui all'articolo 89, comma 11, e fermi restando i limiti previsti dal medesimo comma, l'eventuale subappalto non può superare il trenta per cento dell'importo delle opere e non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso») e ha introdotto la nuova disposizione per la quale (nuovo comma 2, terzo periodo, art. 105) «Le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 30, previa adeguata motivazione nella determina a contrarre, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture competenti, indicano nei documenti di gara le prestazioni o le lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell'aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell'appalto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 89, comma 11, (…)».

Il Legislatore ha così rimosso il limite quantitativo predeterminato, in via generale, per il subappalto.

E' stato rimosso, a partire dal 1° novembre 2021, ogni limite quantitativo generale e predeterminato al subappalto, e le stazioni appaltanti potranno indicare nei documenti di gara - previa adeguata motivazione nella determina a contrarre - le prestazioni o le lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell'aggiudicatario e, quindi, che non possono essere oggetto di subappalto, in ragione delle specifiche caratteristiche dell'appalto. Tra le caratteristiche che la stazione appaltante può valutare a tal fine, sono espressamente menzionate quelle indicate all’articolo 89, comma 11, del codice dei contratti pubblici, quindi la presenza di lavorazioni particolarmente complesse che richiedano, ai fini dell’esecuzione, una specifica qualificazione.

Notizie di Giustizia Amministrativa - Appalti

Aggiornamento del 15 novembre 2021 - a cura di Andrea de Bonis

- Accesso agli atti di gara 

L’offerta tecnica costituisce documento essenziale sul quale basa il provvedimento di aggiudicazione impugnato, rilevante ai sensi dell’art. 46 comma 2 c.p.a.

La circostanza che l’offerta tecnica sia stata oggetto di una preliminare richiesta di accesso, negata dall’amministrazione con provvedimento non opposto giudizialmente, non toglie che, una volta instaurato il giudizio: a) l’amministrazione abbia l’obbligo di depositare gli atti sulla base dei quali l'atto è stato emanato, e quelli in esso citati, ai sensi dell’art. 46 comma 2 c.p.a.; b) il giudice abbia il potere di acquisire d’ufficio gli atti ritenuti indispensabili ai fini del decidere (64 comma 3 c.p.a), finanche in grado di appello quando ciò non sia avvenuto in primo grado (art. 104 comma 2 c.p.a.)”.

La rilevanza della conoscenza dell’offerta tecnica al fine del decidere l’appello giustifica l’acquisizione d’ufficio nella sua integralità, salvo i limiti nell’ostensione dettati da ragioni di segreto industriale e commerciale, che deve emergere da “motivata e comprovata dichiarazione”, mediante la quale si dimostri l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia.

Spetta al Giudice la verifica della conformità della dichiarazione dell’aggiudicataria relativa alla segretezza tecnica e commerciale di parte della sua offerta tecnica.

Cons. Stato, sez. III, 26 ottobre 2021, ord. n. 7173

 - Affidamento di una concessione mista di servizi e lavori e appalto integrale dei lavori a terzi

Va escluso che un operatore economico possa legittimamente concorrere all’affidamento di una concessione mista di servizi e di lavori senza avere alcuna qualifica per l’esecuzione dei lavori e, una volta risultato aggiudicatario, possa pertanto ricorrere all’uopo al c.d. “appalto a terzi”.

Non è conforme alla normativa di settore la clausola del bando di gara che riconosce al concessionario, in possesso dei requisiti di qualificazione necessari allo svolgimento del servizio, la possibilità di appaltare interamente a terzi i servizi tecnici e le lavorazioni previste negli atti di gara.

Nel caso esaminato, la seconda classificata in ATI lamentava all'ANAC l’illegittimità dell'aggiudicazione al concorrente che ha dichiarato di appaltare interamente a terzi, mediante procedura a evidenza pubblica, le attività di progettazione, direzione lavori, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, nonché tutte le lavorazioni da eseguire in relazione ad una piscina comunale.

Cons. Stato, sez. V, 8 novembre 2021, n. 7417

 - Avvalimento

La dichiarazione di non onerosità (nel caso di specie inserita in contratto) si pone in contrasto con le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza amministrativa, secondo la quale deve escludersi la gratuità del contratto di avvalimento, essendo detto contratto a titolo oneroso; anche in mancanza di corrispettivo in favore dell'ausiliario, deve emergere dal testo contrattuale chiaramente l'interesse, direttamente o indirettamente patrimoniale, che ha guidato l'ausiliario nell'assumere senza corrispettivo gli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento e le relative responsabilità.

Nel caso in esame, non è stato reputato sufficiente ad integrare il necessario requisito della onerosità del contratto di avvalimento il generico riferimento contenuto nel predetto contratto ad “un programma di partnership commerciale ai fini della partecipazione alle procedure di gara…”; diversamente opinando le imprese potrebbero agevolmente eludere il carattere oneroso del contratto di avvalimento, utilizzando espressioni stereotipate di analogo tenore.

TAR Lazio, Sez. III quater, 11 novembre 2021, n. 11585

 - Capacità tecnico-professionale e frazionamento dei requisiti di partecipazione

E’ legittima la partecipazione alla gara del raggruppamento di imprese che, per qualificarsi in base a quanto richiesto dalla lex specialis (l’operatore economico deve avere svolto un servizio di raccolta differenziata domiciliare per conto di un Comune con popolazione non inferiore a 15.000 abitanti), si è avvalso della sommatoria dei servizi prestati da ogni singolo componente del raggruppamento per conto di Comuni diversi, aventi popolazione inferiore a 15.000 abitanti.

La normativa italiana, in coerenza con i principi eurounitari (tesi a favorire la partecipazione in forma associata alle procedure di affidamento per permettere l’intervento di operatori economici che non avrebbero singolarmente i requisiti necessari alla partecipazione, garantendo al contempo la realizzazione dell’appalto nell’interesse della stazione appaltante), espressamente ammette la possibilità di frazionare i requisiti tra più imprese (artt. 47 e 48, D.lgs. n. 50/2016).

Nel caso di specie il raggruppamento aggiudicatario è di tipo orizzontale e le imprese raggruppate sono, pertanto, tutte portatrici delle medesime competenze per l’esecuzione delle prestazioni costituenti l’oggetto dell’appalto, ciò ai fini della qualificazione in gara; il requisito in questione ha ad oggetto prestazioni qualitativamente non frazionabili. 

Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2021, n. 7537

-Composizione della commissione giudicatrice e incompatibilità del direttore della stazione appaltante

Il direttore della stazione appaltante che abbia sottoscritto gli atti di indizione e di regolazione della procedura di gara, in tale modo definendo le regole all’uopo da applicare per la selezione dell’offerta migliore, non può prendere parte anche alla commissione giudicatrice, dallo stesso nominata e presieduta.

Sussiste l’esigenza di una rigida separazione tra la fase di preparazione della documentazione di gara e quella di valutazione delle offerte in essa presentate, a garanzia della neutralità del giudizio.

L’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, per il quale chi ha redatto la lex specialis non può essere componente della commissione, costituisce applicazione di una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive (non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta).

Consiglio di Stato, sez. VI, 08.11.2021 n. 7419

Si segnala

In G.U. n. 265 del 6 novembre 2021 è stato pubblicato il D.L. 6 novembre 2021, n. 152 recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”.

 

 

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