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Rilevanza dell'illecito antitrust come grave illecito professionale

Grave illecito professionale, il processo di valutazione discrezionale a  cura dell'Amministrazione. I presupposti e le finalità

 

Il Consiglio di Stato, Sez. V, 11.01.2023, sent. n. 388, ha chiarito i profili di rilevanza dell’illecito antitrust quale grave illecito professionale valutabile ai fini dell’esclusione dalla procedura di gara.

In linea generale, secondo quanto affermato dagli orientamenti giurisprudenziali più recenti, rientra nell’ambito dei gravi illeciti professionali valutabili ai fini dell’esclusione dalla procedura di gara anche la condotta costituente illecito anticoncorrenziale, accertata e sanzionata mediante il provvedimento dell’AGCM (in termini cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2020, n. 6635 e da ultimo Cons. Stato, sez. V, 7 febbraio 2022, n. 845; va rammentato, peraltro, che in precedenza la giurisprudenza aveva escluso la rilevanza del provvedimento sanzionatorio antitrust quale grave errore professionale non perché ritenesse necessario il previo vaglio giurisdizionale ma perché – interpretando l’art. 38 cit. allora vigente – si riteneva che i fatti rilevanti erano esclusivamente quelli relativi alla fase esecutiva dell’appalto, e non quei fatti commessi nel corso della procedura di affidamento del contratto: cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 dicembre 2017, n. 5704).

La questione circa la necessità che l’accertamento dell’illecito anticoncorrenziale sia assistito da un previo vaglio giurisdizionale del provvedimento dell’Autorità non è comunque fondata in termini generali. La tesi non può essere condivisa per ragioni che possono rinvenirsi nell’ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. IX, 4 giugno 2019, in causa C-425/2018, nella quale si è precisato che «l’accertamento di un tale errore [professionale] non richiede una sentenza passata in giudicato (sent. 13 dicembre 2012, C-465/11, EU:C:2012:801)», sottolineando come «la decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza, che stabilisca che un operatore ha violato le norme in materia di concorrenza, può senz’altro costituire indizio dell’esistenza di un errore grave commesso da tale operatore»; e conclude affermando che «la commissione di un’infrazione alle norme in materia di concorrenza, in particolare quando tale infrazione è stata sanzionata con un’ammenda, costituisce una causa di esclusione […]».

L’ordinanza della Corte di Giustizia va correttamente intesa nel senso che la nozione di grave illecito professionale (o di errore grave nell’esercizio della propria attività professionale) comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla affidabilità e integrità professionale dell’operatore economico, che – con riferimento alle condotte costituenti illeciti antitrust – assumono rilevanza quando siano oggetto di un provvedimento emesso dall’autorità nazionale in materia, non occorrendo un ulteriore vaglio giurisdizionale (conformemente a Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2020, n. 6635; Cons. Stato, sez. V, 7 febbraio 2022, n. 845).

La medesima pronuncia della Corte di Giustizia ha inoltre ribadito che la decisione dell’autorità garante della concorrenza non può comportare l’esclusione automatica di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico. Infatti, conformemente al principio di proporzionalità, l’accertamento della sussistenza di un “errore grave” necessita, in linea di principio, dello svolgimento di una valutazione specifica e concreta del comportamento dell’operatore economico interessato». Il che, peraltro, corrisponde a un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza nazionale (basti il richiamo alla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16/2020), nonché requisito di fattispecie testualmente richiesto sia dall’art. 38, comma 1, lett. f), del Codice del 2006 (D.L.vo 12 aprile 2006, n. 163), sia dall’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice dei contratti pubblici di cui al D.L.vo 18 aprile 2016, n. 50.

Appalti - Esclusione per assenza certificazione ISO

 

Organizzazione internazionale per la normazione - Wikipedia

Il Tar Puglia Lecce, Sez. II, 5.1.2023, sent. n.34,  ha affermato che è illegittima l'ammissione alla procedura dell'operatore economico che  – alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara – sia dichiaratamente non in possesso della certificazione di qualità ISO, espressamente richiesta, a pena di esclusione della lex specialis di gara.

Deve infatti ritenersi affetto da illegittimità il provvedimento di ammissione alla gara di un concorrente nel caso in cui il requisito di partecipazione venga conseguito in un momento non anteriore al termine di presentazione delle offerte, in quanto, diversamente opinando, si arrecherebbe un grave vulnus al principio di par condicio, dal punto di vista dell’elusione a titolo particolare del termine perentorio di partecipazione.

Sulla scia della sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 20.7.2015,  è stata data continuità all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale i requisiti di partecipazione prescritti devono essere posseduti dai concorrenti al momento della scadenza del termine per la presentazione delle offerte e, senza soluzione di continuità, in ogni successiva fase del procedimento di evidenza pubblica (cfr., ex multis, TAR Campania, Salerno, 4.7.2018, n.1019).

Rimane irrilevante la circostanza per cui, dopo il termine di presentazione delle offerte, il concorrente abbia ottenuto la certificazione ISO 45001:2018, essendo solo quest’ultimo momento quello rilevante per la valutazione delle offerte delle partecipanti (cfr., in termini, TAR Calabria – Catanzaro, Sez. I, 27.12.2021, n. 2390).

Rileva ancora che, per univoca giurisprudenza, eventuali chiarimenti resi in corso di procedura non possono in alcun modo comportare sostanziali modifiche alla lex specialis, che è l’unico atto sul quale si instaura il confronto concorrenziale.

A tal proposito, il Collegio condivide gli approdi giurisprudenziali del Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa, secondo cui “I chiarimenti sono ammissibili se contribuiscono, con un’operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato e la ratio, ma non quando, mediante l’attività interpretativa, si giunga ad attribuire a una disposizione del bando un significato e una portata diversa e maggiore di quella che risulta dal testo stesso, in tal caso violandosi il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost.” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 20 aprile 2015, n. 1993; Sez. V, 29 settembre 2015, n. 4441; Sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154).

Dunque, i chiarimenti integrativi della lex specialis non possono essere ritenuti vincolanti per la commissione giudicatrice (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 7.9.2022, n. 7793), essendo pacifico in giurisprudenza che i chiarimenti non possono modificare gli atti di gara, pena l’illegittima disapplicazione della lex specialis (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. III, 27 dicembre 2019 n. 8873).

Appalti - Valutazione delle offerte con criterio on/off

Il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza n. 211 del 5 gennaio 2023, ha ribadito alcuni principi in materia di valutazione delle offerte nell’ambito di procedure ad evidenza pubblica.

Per costante giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 26 marzo 2020, n. 2094; Cons. Stato, sez. V, 10 novembre 2021, n. 7498), la scelta operata dall'amministrazione appaltante, in una procedura di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, relativamente ai criteri di valutazione delle offerte, ivi compresa anche la disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri, è espressione dell'ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l'interesse pubblico; come tale è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili (Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 2018, n. 2602; Cons. Stato, sez. III, 2 maggio 2016, n. 1661; Cons. Stato, sez. V,18 giugno 2015, n. 3105).

Ciò premesso, deve essere affermato che non è di per sé ravvisabile un diretto contrasto con l’art. 95, comma 10-bis, D.L.vo 18 aprile 2016, n. 50 nell’ipotesi in cui l’amministrazione abbia optato, nell’esercizio (a monte) della propria discrezionalità tecnica, per una modalità di attribuzione del punteggio di tipo “on/off”, in cui vi è attribuzione del punteggio nel caso di ricorrenza di un elemento ritenuto rilevante dalla stazione appaltante, in quanto il metodo di attribuzione si/no, pur ridimensionando in parte il margine di apprezzamento del merito tecnico dell'offerta, non lo esclude, anticipando, piuttosto, la valutazione dei requisiti tecnici che devono essere offerti, con la conseguenza che si ha poi un controllo finalizzato a comprovarne il possesso. Ciò significa che comunque la valutazione dell'offerta ha tenuto conto della componente tecnica (Cons. Stato, sez. V, 26 marzo 2020, n. 2094, cit.).

A maggior ragione, la violazione della richiamata disposizione del Codice dei contratti pubblici deve essere esclusa nel caso in cui non si verte affatto nell’ipotesi nella quale i criteri on/off assorbono gran parte del complessivo punteggio tecnico, ma tutti i restanti criteri di valutazione sono tabellari, attengono ad elementi qualitativi dell’offerta e, garantendo in maggioranza la graduazione dei punteggi in range ragionevolmente ampi, sono atti ad assicurare un effettivo confronto concorrenziale sugli elementi qualitativi del servizio (dislocazione territoriale, numero e competenza dei selezionatori, test di valutazione dei candidati).

Per l’effetto, deve essere confermato il principio per cui va esclusa la violazione del citato art. 95, comma 10-bis ogniqualvolta, in un appalto di servizi, i criteri di valutazione dell’offerta tecnica definiti dalla lex specialis, pur essendo in parte del tipo c.d. on/off, per altra parte comportano l’assegnazione di punteggi gradualmente crescenti in ragione della tipologia degli elementi qualitativi dell’offerta presi in considerazione, diversi dai requisiti minimi di partecipazione e caratterizzanti le modalità di svolgimento del servizio (cfr. Cons. Stato, sez. III, 22 ottobre 2020, n. 6380; Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2020, n. 2967; Cons. Stato, sez. V, 10 novembre 2021, n. 7498).

Infine, va rilevato (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 13 agosto 2020, n. 5026) che la circostanza che ex post, all'esito della valutazione delle offerte tecniche, si sia registrato un identico punteggio assegnato ai singoli offerenti in relazione al merito tecnico, non consente, di per sé, di ritenere illegittima la metodologia di attribuzione del punteggio all'uopo definita nella documentazione di gara, dal momento che il riconoscimento di un punteggio riferito al merito tecnico identico per più offerenti è evenienza realizzabile anche in presenza di criteri con punteggio graduabile, non potendo, dunque, essere posta a fondamento di un vizio di legittimità incidente sulla tipologia del criterio valutativo all'uopo definito dall'amministrazione (se a struttura binaria, ispirato al principio "on/off" ovvero con punteggio graduabile in concreto).

Impugnazione della delibera ANAC recepita dalla stazione appaltante

 

 

Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione

 

 

Il Cons. Stato, sez. V, con la sentenza 22 dicembre 2022, n. 11200, ha ribadito alcuni principi in tema di impugnazione di pareri non vincolanti dell'ANAC

 

Autorità amministrative indipendenti - Autorità nazionale anticorruzione – Delibera - Effetto conformativo - Lesività- Sussistenza.

L’impugnabilità di una delibera non vincolante dell’ANAC non è da escludersi in senso assoluto, atteso che tale provvedimento potrebbe assumere connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi alla fattispecie concreta, di fatto incide sulla sfera giuridica dei destinatari, essendo idonea ad arrecare un vulnus diretto ed immediato. Ne consegue che la sua ‘lesività’ non va valutata in astratto o sulla base dell’inquadramento dogmatico del provvedimento, dovendosi rilevare gli effetti conformativi che lo stesso produce, nell’immediato, nei confronti dei soggetti a cui è indirizzata.

L'impugnabilità di un parere non vincolante dell’ANAC può essere ammissibile quando, riferendosi a una fattispecie concreta, il parere sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale, per cui l’impugnazione del provvedimento è consentita solo unitamente al provvedimento conclusivo della stazione appaltante, che ne abbia fatto applicazione, potendo la sua incidenza sulla fattispecie essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento adottato dall’amministrazione, ai fini dell’impugnabilità di un provvedimento amministrativo occorre valutare in concreto l’effetto che arreca nella sfera giuridica del destinatario e in che modo tale effetto possa arrecare pregiudizio alle posizioni giuridiche soggettive da quest’ultimo vantate.

Dunque, a prescindere dall’inquadramento dogmatico (linee guida, parere, raccomandazione, aventi o meno natura vincolante), se le indicazioni dell’Autorità, nell’ambito del potere di vigilanza e controllo, assumono il ruolo di canoni oggettivi a cui conformarsi, determinando un effetto immediatamente lesivo nella sfera giuridica del destinatario, sono impugnabili: in sostanza, quando le deliberazioni dell’ANAC contengono vincoli conformativi puntuali alla successiva attività dei soggetti vigilati, in capo ai quali non residuano facoltà di modulazione quanto al contenuto e all’estensione, rappresentano provvedimenti lesivi nei confronti dei quali va garantita la tutela del diritto di difesa del destinatario. 

Procedimento amministrativo- Sanzione- Termine- Perentorietà.

La regola della natura ordinatoria dei termini procedimentali non espressamente qualificati come perentori non è applicabile ai procedimenti che conducono all’adozione di provvedimenti lesivi o sanzionatori. Rispetto ai procedimenti che conducono a conseguenze pregiudizievoli, i termini sono sempre perentori, a prescindere da un’espressa qualificazione normativa dei relativi provvedimenti, essendo la perentorietà imposta dal principio di effettività del diritto di difesa e dal principio di certezza dei rapporti giuridici.

L’esercizio di una potestà amministrativa che ha conseguenze pregiudizievoli, di qualsiasi natura, e a prescindere da una espressa qualificazione in tal senso nella legge o nel regolamento che la preveda, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta, essendo assimilabile all’esercizio di una attività sanzionatoria, sicchè va riaffermata la perentorietà del termine per la conclusione del procedimento di natura sostanzialmente sanzionatoria. 

SCIA impianti energia rinnovabile

Pale eoliche: come funzionano e quali sono i suoi vantaggi - wekiwi

Con sentenza n. 130 del 4 gennaio 2023, n. 130, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha ribadito il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 2018, n. 5715), secondo cui la procedura abilitativa semplificata di cui all’art. 6, D.L.vo 3 marzo 2011, n. 28 (promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili) è ascrivibile al genus della DIA, ora SCIA, e conseguentemente va qualificato quale atto soggettivamente ed oggettivamente privato (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 29 luglio 2011, n. 15).

Al decorso del termine di legge di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione, non si determina infatti il perfezionamento di una fattispecie legale tipica che, sul piano della produzione degli effetti, rende l’inerzia equivalente ad un vero e proprio provvedimento di accoglimento, come avviene per la fattispecie del silenzio assenso, bensì, più semplicemente, si determina l’effetto di rendere una determinata attività privata lecita, secondo il meccanismo proprio della Scia; ciò in linea con la diversa natura dei due istituti, laddove il primo risponde ad una ratio di semplificazione amministrativa, mentre il secondo di vera e propria liberalizzazione, con conseguente fuoriuscita dell’attività privata dal regime amministrato a controllo preventivo.

La ricostruzione che precede è stata confermata dalla Corte costituzionale che con sentenza n. 45 del 2019 ha ritenuto, in generale con riguardo alla SCIA, che: “il dato di fondo è che si deve dare per acquisita la scelta del legislatore nel senso della liberalizzazione dell’attività oggetto di segnalazione, cosicché la fase amministrativa che ad essa accede costituisce una – sia pur importante – parentesi puntualmente delimitata nei modi e nei tempi. Una dilatazione temporale dei poteri di verifica, per di più con modalità indeterminate, comporterebbe, invece, quel recupero dell’istituto all’area amministrativa tradizionale, che il legislatore ha inteso inequivocabilmente escludere”.

Ne segue che nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, una volta decorso pacificamente il termine di 30 giorni dalla presentazione della dichiarazione asseverata, senza che il Comune avesse notificato l’ordine di non effettuare l’intervento, a motivo della riscontrata carenza di una o più delle condizioni stabilite dall’articolo in questione, l’attività di costruzione dell’impianto doveva intendersi definitivamente assentita. In senso contrario non vale invocare il principio giurisprudenziale secondo cui “il titolo abilitativo tacito può formarsi solo se ricorrano tutti i presupposti necessari, essendo questi gli elementi costitutivi della fattispecie” e ciò non tanto perché si tratta di principio affermato con riferimento al diverso istituto del silenzio assenso di cui all’art. 20, L. 7 agosto 1990, n. 241, non ricorrente nel caso di specie, ma perché le due condizioni che il T.a.r. ha accertato come insussistenti dovevano costituire proprio l’oggetto delle verifiche istruttorie che il Comune era tenuto a compiere nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 6, comma 2, D.L.vo. n. 28 del 2011, pena la decadenza del potere interdittivo con l’effetto di rendere lecita l’attività privata.

Ed infatti il comma 2 del menzionato art. 6 indica in modo puntuale, tra gli altri requisiti da accertare, i soggetti legittimati a presentare la dichiarazione asseverata, individuandoli nel “proprietario dell’immobile o chi abbia la disponibilità sugli immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse”, sicché allorquando, al successivo comma 4, la disposizione in esame prevede che il Comune notifichi all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento “ove entro il termine indicato al comma 2 sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite al medesimo comma” onera il Comune di accertare specificamente anche le condizioni di legittimazione alla presentazione della dichiarazione nel predetto termine decadenziale, pena il perfezionamento della fattispecie legittimante l’intervento. Non vale opporre, sempre in senso ostativo al perfezionamento del titolo privato di legittimazione alla costruzione dell’impianto, che, ai sensi di quanto previsto dalle Linee guida di cui al D.M. 10.9.2010, punto 11.4, la mancanza della disponibilità delle aree sarebbe ostativa al ricorso alla DIA, integrando un requisito di ammissibilità del ricorso a tale istituto, come tale accertabile in ogni momento dalla amministrazione procedente, poiché il D.L.vo 3 marzo 2011, n. 28 qualifica la disponibilità delle aree dove localizzare l’impianto e la infrastruttura di connessione alla stregua di un requisito costitutivo del titolo privato di legittimazione e, trattandosi di disposizione temporalmente successiva alle linee guida ministeriali, prevale su queste ultime, modificando la natura del requisito in parola da condizione di ammissibilità della SCIA, accertabile in ogni momento dalla amministrazione procedente, in elemento costitutivo della fattispecie, da accertare nel termine decadenziale di trenta giorni, secondo quanto previsto dal combinato disposto dei commi 2 e 4 dell’art. 6.

E' immediatamente impugnabile l'atto di individuazione del promotore nel project financing

 Project Finance Deals of the Year 2016 | World Finance

Il Tar Liguria, Sezione Prima, con la sentenza 3 gennaio 2023 n. 8, ha esaminato la questione relativa all'impugnabilità dell'atto di scelta del progetto in assenza del provvedimento conclusivo di aggiudicazione della concessione dell’opera pubblica.

Secondo il consolidato orientamento pretorio, nel procedimento di project financing l’atto di scelta della proposta determina un’immediata posizione di vantaggio per il soggetto preferito, che diviene promotore, e, parallelamente, un definitivo arresto procedimentale lesivo per i concorrenti esclusi, onde dev’essere immediatamente impugnato tale atto a pena di decadenza (in tal senso cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 31 marzo 2022, n. 2377, secondo cui, nel project ad iniziativa privata, l’atto di scelta del promotore è censurabile persino dalle imprese che non abbiano formulato proposte concorrenti; Cons. St., sez. IV, 9 giugno 2015, n. 2827, concernente il project ad iniziativa pubblica; Cons. St., ad. plen., 28 gennaio 2012, n. 1; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 4 dicembre 2020, n. 853). La qualità di promotore, infatti, attribuisce all’operatore economico un vantaggio competitivo nella successiva fase della gara pubblica, perché il suo progetto è posto a base della gara stessa e, ove venga selezionata un’offerta migliore, egli ha il diritto potestativo di rendersi aggiudicatario, adeguandosi alle condizioni offerte dal vincitore, nonché l’alternativo diritto al rimborso delle spese di predisposizione della proposta; viceversa, i soggetti non prescelti vengono a trovarsi in una posizione di pati rispetto al diritto di prelazione del promotore.

Ma, come statuito dalla giurisprudenza, può essere impugnato immediatamente anche l’atto con il quale, nella prima fase del project financing, l’Amministrazione dichiara preferibile il progetto di un’altra impresa, in quanto strettamente prodromico e direttamente finalizzato alla successiva dichiarazione di pubblico interesse, salvo, ovviamente, l’onere di gravare, a pena di improcedibilità, il successivo provvedimento che conclude la fase, individuando il soggetto promotore e dichiarando il suo progetto di interesse pubblico (Cons. St., sez. III, 2 agosto 2017, n. 3872; T.A.R. Liguria, sez. II, 3 luglio 2018, n. 593).

Onde è senz’altro ammissibile il ricorso introduttivo avverso la delibera con cui è stata dichiarata la proposta di un operatore economico “di maggior interesse pubblico”, stabilendo di invitare solamente l’impresa prescelta ad apportare al progetto le innovazioni necessarie al conseguimento del giudizio di fattibilità. Invero, per effetto di tale atto gli altri concorrenti che avevano presentato un progetto alternativo in relazione al medesimo intervento di riqualificazione sono stati immediatamente esclusi dalla fase di sviluppo e miglioramento della proposta, inverandosi così, nei loro confronti, un arresto procedimentale. 

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