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La differenza tra impianti fotovoltaici e agrivoltaici

Agrivoltaico: tutto ciò che serve sapere • Lumi

L’agrivoltaico è un settore di recente introduzione e in forte espansione, caratterizzato da un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, a metà tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, che si sviluppa con l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica.

In particolare, mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione, (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva) nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola.

Per effetto di tale tecnica, la superficie del terreno resta, infatti, permeabile e quindi raggiungibile dal sole e dalla pioggia, dunque pienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola.

Un impianto che combina produzione di energia elettrica e coltivazione agricola (l’agrivolotaico) non può essere assimilato ad un impianto che produce unicamente energia elettrica (il fotovoltaico), ma che non contribuisce, tuttavia, neppure in minima parte, alle ordinarie esigenze dell’agricoltura.

Contrariamente a quanto accade nei progetti che utilizzano la metodica fotovoltaica, infatti, nell’agrivoltaico le esigenze della produzione agricola vengono soddisfatte grazie al recupero, da un punto di vista agronomico, di fondi che versano in stato di abbandono.

Logico corollario della delineata differenza tra impianti agrivoltaici e fotovoltaici è, come osservato dalla sentenza, quello secondo cui gli stessi non possono essere assimilati sotto il profilo del regime giuridico.

In tale direzione è oramai orientata la prevalente giurisprudenza amministrativa di primo grado (cfr., TAR Bari, sent. n. 568/2022; nonché TAR Lecce, sentenze nn. 1799/2022 e 586/22, 1267/22, 1583/22, 1584/22, 1585/22, 1586/22) che ha ripetutamente annullato analoghi dinieghi assunti sulla base di una errata assimilazione dell’agro-voltaico al fotovoltaico.

 

Ne discende che la Pubblica Amministrazione non può valutare il progetto agrivoltaico alla stregua dei criteri previsti per gli impianti fotovoltaici, che, per le ragioni evidenziate, mal si conciliano con le caratteristiche proprie degli impianti agrivoltaici.

Il che non vuol dire che una simile tipologia di impianti debba ritenersi sempre e comunque consentita in deroga al regime vincolistico posto a presidio dei valori paesaggistici ed ambientali ma che le autorità competenti ad esprimere il giudizio di compatibilità debbano necessariamente tenere conto delle peculiarità tecnologiche ed impiantistiche finalizzate ad evitare – o comunque a ridurre fortemente – il consumo di suolo che limita l’utilizzo per fini agricoli e che rappresenta una delle principali finalità di tutela sottese alle prescrizioni limitative di tutela ambientale e paesaggistica.

La questione del regime normativo applicabile ai progetti di realizzazione di impianti agrivoltaici è stata affrontata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 8261 dell'11 settembre 2023.

 

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea sulle modifiche al contratto di appalto pubblico già affidato

Via libera dell'Adunanza Plenaria alla possibilità di modifica in riduzione  in corso di gara del RTI in caso di sopravvenuta perdita dei requisiti di  partecipazione di cui all'art. 80 del Codice in

Le condizioni del contratto di appalto devono essere enunciate in modo trasparente nei documenti di appalti pubblici presumendosi applicabili allo stesso modo a tutti i potenziali offerenti al fine di garantire una concorrenza leale e non falsata sul mercato e il rispetto dei principi di trasparenza delle procedure e di parità di trattamento degli offerenti.

Alla luce del par. 1, lett. e) dell’art. 72 della direttiva europea, i contratti e gli accordi quadro possono essere modificati senza una nuova procedura d’appalto se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali secondo il disposto del paragrafo 4.

La modifica di un contratto o di un accordo quadro durante il periodo della sua validità è considerata sostanziale ai sensi del paragrafo 1, lettera e), quando muta sostanzialmente la natura del contratto o dell’accordo quadro rispetto a quello inizialmente concluso. Il considerando 107 di tale direttiva aggiunge che le modifiche apportate al contratto sono considerate sostanziali qualora «dimostrano l’intenzione delle parti di rinegoziare elementi essenziali o condizioni del contratto in questione». 

Con sentenza del 7 dicembre 2023, relativa alle cause riunite C-441/22 e C-443/22, la decima sezione della CGUE si è pronunciata in materia di appalti pubblici, in particolare sull'interpretazione del par. 1 – lett. c), i) e lett. e) - e del par. 4 dell’art. 72 Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 («Direttiva 2014/24»), intitolato «Modifica di contratti durante il periodo di validità».

L’intenzione di rinegoziare le condizioni dell’appalto può essere rivelata in forme diverse da un accordo scritto vertente espressamente sulla modifica interessata: una volontà comune di procedere alla modifica di cui trattasi può altresì essere dedotta, infatti, da altri elementi scritti provenienti dalle parti.

Un’interpretazione contraria delle disposizioni sopra menzionate faciliterebbe l’elusione delle norme relative alla modifica di appalti in corso, consentendo all’amministrazione aggiudicatrice e all’aggiudicatario, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, di apportare alle disposizioni dell’appalto modifiche tali da rendere le sue caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell’appalto iniziale.

Le circostanze imprevedibili sono circostanze esterne che l’amministrazione aggiudicatrice, pur avendo dato prova di ragionevole diligenza nella preparazione dell’appalto iniziale, non poteva prevedere al momento dell’aggiudicazione dell’appalto (v. considerando 109 della Direttiva 2014/24).

Qualora sussistano, invece, circostanze prevedibili per un’amministrazione aggiudicatrice diligente, essa può avvalersi della possibilità, conformemente all’art. 72 § 1, lett. a), di prevedere espressamente, nei documenti che disciplinano la procedura di aggiudicazione e nel contratto iniziale di appalto pubblico, clausole di riesame in forza delle quali le condizioni di esecuzione di tale contratto potranno essere adattate, in caso di sopravvenienza dell’una o dell’altra circostanza specifica, garantendo in questo modo che tutti gli operatori economici che desiderino partecipare all’appalto ne siano a conoscenza fin dall’inizio, a tutela del principio di parità nel momento della formulazione dell’offerta. 

La diligenza di cui deve aver dato prova l’amministrazione aggiudicatrice per potersi avvalere di tale disposizione richiede segnatamente che quest’ultima abbia preso in considerazione, nella preparazione dell’appalto pubblico in questione, i rischi di superamento del termine di esecuzione dovuti a cause di sospensione prevedibili, quali le condizioni meteorologiche abituali nonché i divieti regolamentari di esecuzione di lavori pubblicati in anticipo e applicabili per un periodo compreso nel periodo di esecuzione di detto appalto. Le condizioni meteorologiche e i divieti regolamentari non possono essere considerati idonei a giustificare l’esecuzione dei lavori oltre il termine fissato in tali documenti nonché nel contratto iniziale di appalto pubblico qualora non siano stati previsti nei documenti che disciplinano la procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico.

 

Concessioni demaniali: obbligo di evidenza pubblica

Balneari, Tar Lecce: "Estensione al 2033 è valida, il Comune non può  annullarla"

In base al principio comunitario di concorrenzialità, le concessioni demaniali, in quanto concernenti beni economicamente contendibili, devono essere affidate mediante procedura di gara. Pertanto, per l'affidamento del relativo contratto (attivo e non passivo) è necessario, in assenza di specifici autovincoli posti dalla P.A, il "rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica".

Conformemente ai principi del diritto unionale, la concessione della gestione di arenili per finalità turistico-ricreative deve rispondere a criteri di imparzialità, trasparenza e par condicio: in particolare, l 'art. 12 della direttiva 2006/123/CE e il novellato art. 37 del cod. nav. subordinano il rilascio di concessioni demaniali marittime all'espletamento di procedure selettive ad evidenza pubblica (Cassazione civile, sez. II, 25/01/2021, n. 1435; si veda anche la sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 9 novembre 2021, nr. 18,  secondo cui “L'obbligo di evidenza pubblica discende, comunque, dall'applicazione dell'art. 12 della c.d. direttiva 2006/123, che prescinde dal requisito dell'interesse transfrontaliero certo, atteso che la Corte di giustizia si è espressamente pronunciata sul punto ritenendo che “l'interpretazione in base alla quale le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123 si applicano non solo al prestatore che intende stabilirsi in un altro Stato membro, ma anche a quello che intende stabilirsi nel proprio Stato membro è conforme agli scopi perseguiti dalla suddetta direttiva” (Corte di giustizia, Grande Sezione, 30 gennaio 2018, C360/15 e C31/16, punto 103)”).

Come rilevato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato: “… il rilascio delle concessioni demaniali marittime implica l'espletamento di una procedura comparativa ad evidenza pubblica nel rispetto dei principi di parità di trattamento, imparzialità e trasparenza. Le predette concessioni hanno come oggetto beni economicamente contendibili, limitati nel numero e nell'estensione, che, pertanto, possono essere dati in concessione ai privati a scopi imprenditoriali solo attraverso un confronto concorrenziale governato dai principi generali relativi ai contratti pubblici… inoltre le norme italiane che prorogano in modo automatico le concessioni demaniali marittime sono in contrasto con il diritto europeo e, pertanto, vanno disapplicate” (Consiglio di Stato del 9 novembre 2021, sentenze nn. 17 e 18).

In tale quadro si inserisce la già nota pronuncia della CGUE, 20 aprile 2023, in C-348/22 resa su questione sollevata dal Tar Lecce.

Sinteticamente, per quanto qui interessa, il Giudice unionale ha rilevato che:

-l'art. 12 dir. Bolkestein si applica anche a tutte le concessioni demaniali, anche a quelle prive di interesse transfrontaliero certo;

-consente una valutazione della scarsità delle risorse anche in base a un mero approccio generale e astratto eseguito su ambito nazionale;

-ha l'effetto diretto di obbligare gli Stati a svolgere una procedura di selezione per affidare le nuove concessioni e di vietare conseguentemente i rinnovi automatici (o le proroghe) degli affidamenti in essere; obbliga tutti i giudici nazionali e le singole pubbliche Amministrazioni nazionali e comunali a disapplicare eventuali disposizioni nazionali con esso incompatibili.

E' quanto deciso dal Consiglio di Stato, sez. VII, con la sentenza 4 dicembre 2023, n. 10455.

La stazione appaltante non può violare le regole che ha stabilito per la gara

Varianti e migliorie: il Consiglio di Stato sulle differenze -  LavoriPubblici

In linea generale, l’amministrazione è vincolata all’applicazione del principio di favor partecipationis, che tutela la libera concorrenza nelle procedure di evidenza pubblica e impedisce alle stazioni appaltanti l’introduzione di regole che restringono la possibilità per gli operatori economici di presentare un'offerta, nel rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all’oggetto di gara (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 12 luglio 2023, n. 6826; Sezione V, 8 agosto 2023, n.7649).

La P.A., tuttavia, può legittimamente introdurre regole partecipative più restrittive di quelle previste in linea generale dalla legge, in funzione di esigenze proprie e dell’appalto da eseguire.  La stazione appaltante rimane, però, legata a quanto stabilito a monte dell’indizione della gara o, come nella fattispecie, dell’invito ad offrire, in applicazione del principio dell’autovincolo (Consiglio di Stato, Sezione VII, 5 luglio 2023, n. 6581, Sezione II, 3 luglio 2023, n. 6476, Sezione VII, 14 giugno 2023, n. 5839, Sezione V, 13 aprile 2022, n. 2784).

La pacifica vigenza del principio per il quale quando l’Amministrazione, nell’esercizio del proprio potere discrezionale decide di autovincolarsi, stabilendo le regole poste a presidio del futuro espletamento di una determinata potestà, la stessa è tenuta all’osservanza di quelle prescrizioni, con la duplice conseguenza che:

a) è impedita la successiva disapplicazione;

b) la violazione dell’autovincolo determina l’illegittimità delle successive determinazioni (Cons. St., sez. V, 17 luglio 2017, n. 3502).

L’autovincolo, com’è noto, costituisce un limite al successivo esercizio della discrezionalità, che l’amministrazione pone a sé medesima in forza di una determinazione frutto dello stesso potere che si appresta ad esercitare. Si traduce nell’individuazione anticipata di criteri e modalità, in modo da evitare che la complessità e rilevanza degli interessi possa, in fase decisionale, complice l’ampia e impregiudicata discrezionalità, favorire in executivis l’utilizzo di criteri decisionali non imparziali.

La garanzia dell’autovincolo, nelle procedure concorsuali, è fondamentalmente finalizzata alla par condicio: conoscere in via anticipata i criteri valutativi e decisionali della commissione valutatrice, in un contesto in cui le regole di partecipazione sono chiare e predefinite, mette in condizione i concorrenti di competere lealmente su quei criteri, con relativa prevedibilità degli esiti (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 30 settembre 2022, n. 8432).

Nel caso deciso dal Consiglio di Stato, Sez. III, con la sentenza n. 10468/2023 del 04.12.2023, è stato ritenuto che la scelta dell’Amministrazione di invitare soltanto le imprese in possesso della Categoria OG10, classifica III, comportava l’obbligo per la stazione appaltante di inviare la richiesta di offerta soltanto a quegli operatori economici che fossero titolari del requisito indicato, con la conseguenza che la violazione della regola che la P.A. si era autoimposta inficia, per illegittimità derivata, tutti gli atti conseguenti, ivi inclusa l’aggiudicazione in favore del controinteressato.

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Il bene della vita nel project financing

Project financing, seguono il vecchio regime tutte le proposte presentate  prima del 1° luglio | NT+ Enti Locali & Edilizia

Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sent. n. 8766 del 9 ottobre 2023 ha dato continuità all'indirizzo giurisprudenziale per il quale il bene della vita nel procedimento di project financing è il conseguimento della concessione sulla base del progetto presentato nella prima fase di selezione, sicché, se tale progetto non viene selezionato come di pubblico interesse, è immediatamente leso l’interesse a conseguire la concessione sulla base del proprio progetto (Cons. Stato, Ad. plen., n. 1 del 2012, cit.).

La selezione del promotore crea per il soggetto prescelto una posizione di vantaggio certa e non meramente eventuale, atteso che il suo progetto è posto a base della successiva gara. Anche laddove nella gara vengano selezionati progetti migliori di quello del promotore, quest’ultimo ha un diritto potestativo di rendersi aggiudicatario, adeguando la propria proposta a quella migliore, o in caso contrario di ricevere il rimborso forfetario delle spese sostenute per la presentazione della proposta; dall’altro, sul versante opposto.


Per i concorrenti non prescelti, la selezione di un altro promotore determina un definitivo arresto procedimentale, atteso che il loro progetto non sarà posto a base della successiva gara e che non vanteranno né il diritto ad essere aggiudicatari in mancanza di altre proposte, né il diritto di prelazione, né il diritto al rimborso delle spese sostenute” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 1 del 2012).

Pertanto, secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, “nel procedimento di project financing l’atto con cui la stazione appaltante conclude la c.d. prima fase di selezione di una proposta, da porre a base della successiva gara, è immediatamente impugnabile da coloro che abbiano presentato proposte concorrenti in relazione alla medesima opera pubblica” (Cons. Stato, Ad. plen., 28 gennaio 2012, n. 1; cfr. anche Id., 2 agosto 2019, n. 5501).


Dal che consegue la conferma sul fatto che l’interesse alla contestazione del menzionato provvedimento approvativo della proposta deriva dal poter aspirare ad essere selezionati in luogo di altro operatore, e che dunque un siffatto interesse, in tal senso declinato, non sussiste in capo all’operatore definitivamente escluso dalla procedura.

L'avvalimento dell'attestazione SOA

Attestazione Soa, termini di scadenza ed esclusione da un bando di gara: la  sentenza del Consiglio di Stato - LavoriPubblici

 

La pronuncia in esame ha ad oggetto la validità del contratto di avvalimento dell’attestazione SOA, laddove questo si limiti all’indicazione sommaria della messa a disposizione dei mezzi tecnici.

L’idoneità del contratto sussiste laddove sia data l’effettiva disponibilità dell’apparato organizzativo che giustifica l’attribuzione del requisito di qualità (risorse, mezzi, manodopera e dotazioni tecniche).

Il comma 2 dell’art. 104 D.lgs. n. 36/2023 precisa che, “qualora il contratto di avvalimento sia concluso per acquisire un requisito necessario alla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di un appalto di lavori di importo pari o superiore a euro 150.000 o di un appalto di servizi e forniture, esso ha per oggetto le dotazioni tecniche e le risorse che avrebbero consentito all’operatore economico di ottenere l’attestazione di qualificazione richiesta”.

L’art. 26 dell’Allegato II.12 (”Contratto di avvalimento in gara e qualificazione mediante avvalimento”), non diversamente dall’art. 88 d.P.R. n. 207/2010, prevede che “Per la qualificazione in gara, il contratto di cui all’articolo 104 del codice deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente: a) l’oggetto, le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”; b) durata; c) ogni altro utile elemento ai fini dell’avvalimento”.

Si tratta pertanto di accertare, alla stregua del nuovo Codice dei contratti pubblici, se l’avvalimento della SOA, speso in concreto dalla ricorrente ai fini della partecipazione alla gara, sia conforme all’attuale assetto normativo dell’avvalimento, essendo indispensabile che l’impresa ausiliaria metta a disposizione dell’impresa ausiliata concorrente la propria organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse che complessivamente considerate le hanno consentito di acquisire la certificazione stessa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 luglio 2017 n. 3710; Id, 18 marzo 2019 n. 1730).

In primo luogo, appare non di poco momento sottolineare che l’art. 104 D.lgs. n. 36/2023, non prevede più che la specificazione delle risorse e delle dotazioni tecniche sia stabilito a pena di nullità del contratto di avvalimento.

In secondo luogo, già sotto la vigenza dell’art. 89 D.lgs. n. 50/2016, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione n. 22 del 2020, con riferimento all’avvalimento di una attestazione SOA aveva ribadito che “la certificazione di qualità costituisce un requisito speciale di natura tecnico-organizzativa, come tale suscettibile di avvalimento, in quanto il contenuto dell’attestazione concerne il sistema gestionale dell’azienda e l’efficacia del suo processo operativo”.

Tuttavia, per evitare che l’avvalimento dell’attestazione SOA, generalmente ammissibile per il favor partecipationis che permea l’istituto dell’avvalimento ed oggi ancor più da valorizzarsi alla stregua dei principi del libero accesso al mercato e della massima partecipazione alle gare (art. 3 e art. 10 D.lgs. n. 36/2023) divenga in concreto un mezzo per eludere il rigoroso sistema di qualificazione nel settore dei lavori pubblici, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha più volte ribadito che “l’avvalimento dell’attestazione SOA è consentito ad una duplice condizione: a) che oggetto della messa a disposizione sia l’intero setting di elementi e requisiti che hanno consentito all’impresa ausiliaria di ottenere il rilascio dell’attestazione SOA; b) che il contratto di avvalimento dia conto, in modo puntuale, del complesso dei requisiti oggetto di avvalimento, senza impiegare formule generiche o di mero stile.” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 2022 n. 2784; Id, 4 novembre 2021 n. 7370).

Si è ancora chiarito che “quando oggetto dell'avvalimento sia un'attestazione SOA di cui la concorrente sia priva, occorre, ai fini dell'idoneità del contratto, che l'ausiliaria metta a disposizione dell'ausiliata l'intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse, che, complessivamente considerata, le ha consentito di acquisire l'attestazione da mettere a disposizione (Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 2017, n. 2316, Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2017, n. 2226), sicché è onere del concorrente dimostrare che l'impresa ausiliaria non si impegna semplicemente a prestare il requisito soggettivo richiesto e, nel caso di specie, l'attestazione SOA, quale mero requisito astratto e valore cartolare, ma assume la specifica obbligazione di mettere a disposizione dell'impresa ausiliata, in relazione all'esecuzione dell'appalto, le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l'attribuzione del requisito di qualità.” L'avvalimento serve, infatti “ad integrare una organizzazione aziendale realmente esistente ed operante nel segmento di mercato proprio dell'appalto posto a gara, ma, di certo, non consente di creare un concorrente virtuale costituito solo da una segreteria di coordinamento delle attività altrui, né di partecipare alla competizione ad un operatore con vocazione statutaria ed aziendale completamente estranea rispetto alla tipologia di appalto da aggiudicare” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 giugno 2020, n. 3702).

In altre parole, nel caso di avvalimento che abbia ad oggetto l’attestazione SOA, oggetto di prestito è l’intero apparato organizzativo (in termini di mezzi e risorse) del soggetto avvalso o parte di questo, nella misura necessaria all'esecuzione del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2021, n. 8074).

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